Ogni storia che si rispetti si compone di tre fasi: l’inizio, lo sviluppo, la conclusione.
È come se tu scrittore fossi un avventuriero e avessi bisogno di una mappa per raggiungere la tua destinazione: le fasi di una storia sono la tua mappa.
Un inizio efficace
Partiamo sempre da un determinato punto. Il filosofo cinese Lao Tze diceva che un viaggio di mille miglia comincia con un primo passo, e noi aggiungiamo, nella direzione giusta.
Un inizio efficace aiuta a catturare sin da subito l’attenzione del lettore, a stimolarne la curiosità e la voglia di proseguire nella lettura.
Anche se non esiste una regola su dove o come iniziare un racconto, un espediente molto usato è quello di iniziare nel bel mezzo di una situazione o azione.
L’incipit, ovvero le prime frasi di una storia, non dovrebbe mai essere banale o noioso: il suo compito principale è quello di catapultare il lettore all’interno della storia quando ancora non si conosce niente dei personaggi e delle loro vicende.
Per catturare l’attenzione servono un po’ di mistero e originalità. Sappiamo bene, però, come l’ispirazione non si possa comandare a bacchetta: è lei a decidere quando presentarsi e come. L’ideale, quindi, è stimolarla attraverso l’esercizio.
- Leggi gli incipit dei grandi autori: osserva le loro parole in azione e i sentimenti che ti trasmettono.
- Apri il dizionario, punta il dito a caso sulla pagina e inizia un nuovo racconto con la parola scelta: usare una parola d’avvio a caso spesso permette di “vedere” e percorrere nuove vie.
- Impara la grammatica e non metterla da parte! Se conosci le sue regole puoi metterle in pratica – o anche forzarle un po’ – con creatività.
Come scrivere un incipit
Premettendo che non esiste una regola fissa, è comunque possibile seguire dei passi per non imboccare subito il sentiero sbagliato.
- Individua un obiettivo: che cosa o chi vuoi mostrare subito al lettore? La tua scelta deve avere un senso anche ai suoi occhi.
- Adatta lo stile al contenuto: qui la conoscenza della grammatica gioca un ruolo fondamentale. Attraverso le parole, il loro significato ma anche il suono, devi riuscire a trasmettere l’anima del personaggio e del luogo che entra subito in scena. L’abilità di uno scrittore si mostra nella scelta delle parole e nella sua disposizione. Non si tratta solo di “dire” qualcosa, ma di mostrarlo.
- Stimola l’interesse per la storia: offri al lettore un po’ di “sostanza” in cui possa affondare i denti. Mostra un barlume della natura profonda del personaggio, del luogo o della situazione con cui hai deciso di iniziare il tuo racconto. Insinua in lui il dubbio che dietro alla facciata ci sia molto da scoprire e poi non deluderlo!
Cammin facendo: il climax
La curiosità: è questo il motore che tiene viva la storia agli occhi del lettore.
Un viaggio non si esaurisce nella sua meta, ogni tappa è importante e conserva emozioni che contribuiscono a rendere la destinazione ancora più desiderabile.
Per tenere avvinto il lettore è necessario imparare “l’arte della tensione”: sapere come e quando alimentarla o allentarla.
Non è consigliabile tenerlo sempre sul filo del rasoio, o rischiamo di ritrovarci con un lettore troppo impaziente di arrivare alla fine. Al contempo, neppure lasciarlo troppo tranquillo è consigliabile perché potremmo perderlo ancora prima di mostrargli che “il finale meritava tutto lo sforzo”!
In poche parole: dobbiamo far succedere qualcosa, ma soprattutto dobbiamo trasmettere a chi legge la sottile sensazione che molto presto qualcosa succederà.
L’arte della tensione ci offre un valido strumento per raggiungere l’obiettivo: il climax.
Il climax non è altro che un momento cruciale, il punto di massima intensità che cattura e trascina il lettore nell’emozione del momento.
Vi possono essere tanti climax in una storia, ma non possono avere tutti la stessa intensità altrimenti è come se non vi fossero affatto. Ci deve sempre essere un climax principale, solitamente l’ultimo prima dello scioglimento e dell’epilogo della storia.
… e vissero tutti felici e contenti…
contenti? Sì, certo, perché no? Nessuno ci impedisce di scegliere un bel finale da fiaba, ma è molto rischioso sottovalutare l’enorme spettro di scelte che abbiamo. Decisamente meglio evitare di ritrovarsi con un lettore che, chiudendo il libro, esclama: “Lo sapevo che andava a finire così!”
Forse i nostri personaggi vivranno anche felici e contenti, ma chi legge potrebbe non provare le loro stesse emozioni (e sarebbe un grande peccato!).
Attenzione, quindi, a non sottovalutare l’epilogo di una storia. Fra tutti gli elementi, è quello che le conferisce il senso finale.
Finale chiuso, finale aperto
Il finale chiuso è un finale compiuto, in cui tutti gli interrogativi trovano risposta e l’ordine inizialmente stravolto, viene ricomposto. Vi può essere un semplice ritorno alla normalità oppure un evolversi della vicenda che migliora la situazione iniziale dei personaggi.
Il finale aperto, al contrario, non risponde a tutti gli interrogativi e, anzi, spesso ne apre di nuovi. È un finale caratterizzato dall’incompiutezza e lascia il lettore incerto sul destino dei personaggi.
Finale lineare o circolare
Oltre ad avere un finale chiuso o aperto, lo scrittore può scegliere tra un epilogo lineare o circolare.
Il finale è lineare quando la storia raggiunge il suo climax in un punto lontano da quello in cui era iniziata e i personaggi si trovano a vivere una situazione molto diversa da quella che avevano vissuto in passato.
Il finale circolare, invece, si ha quando la storia curva su se stessa e termina in un punto simile o comunque legato a quello in cui era iniziata. In questo caso i personaggi si trovano a vivere una situazione che ricorda o riecheggia aspetti di quella passata.
Qui ti abbiamo fornito solo una superficiale panoramica di queste importanti tre fasi che ti consigliamo di approfondire soprattutto scrivendo, scrivendo e scrivendo!
Un’ultima cosa, da tenere sempre in considerazione mentre scegli la trama, i personaggi e l’ambientazione è la COERENZA. Il filo rosso che lega inizio, sviluppo e fine è sempre la coerenza.
Non ti preoccupare, però, se dopo la prima stesura noti che alcuni personaggi compaiono e scompaiono, se qualche luogo risulta un po’ troppo etereo e persino improbabile rispetto alla vicenda. Prenditi un periodo di meritato riposo e poi… riaffila le armi perché il momento della revisione è arrivato. Alla prossima!
Nella prossima puntata: la Revisione
Per approfondire:
Plot & Structure – (Techniques and Exercises for Crafting a Plot That Grips Readers From Start to finish), James Scott Bell – Writers Digest Books, 2004
Beginnings, Middles & Ends (Elements of Fiction Writing), Nancy Kress – Writers Digest Books, 1999
The Plot Thickens, Noah Lukeman, St. Martin’s Griffin, 2003
Salve!
I vostri articoli sono mitici. Grazie ad essi sono riuscito a cominciare un romanzo fantasy. Ho sempre voluto creare una storia tutta mia e provare a pubblicarla ma vado perennemente incontro a un problema grave: dopo un po’ semplicemente lascio perdere la storia e ne comincio un’ altra. Ragione?
Ho problemi a sviluppare la trama, sempre. Creo un protagonista (in genere femminile)e l’inizio della storia è il pezzo che mi viene meglio. Da lì pensa alle tappe più importanti della trama e le definisco vagamente. Fin qui tutto va bene. Il vero guaio inizia da questo momento.
Non sono in grado di sviluppare i punti intermedi fra le tappe. Non sono bravo a tessere trame e collegamenti e prima o poi comincio a inceppare e le mie idee mi sembrano obsolete e degne solo di venir cestinate. Talvolta ho problemi a sviluppare la trama nei dettagli, negli spazi fra le tappe più rilevanti. E infine la lascio così: con inizio, fine e tappe, senza il tessuto e gli intrighi che tengano insieme l’intera storia e la rendano interessante.
Come faccio a imparare? Come faccio a farmi venire idee e intrecciare le storie dei vari personaggi? Dopo un po’ non so più che pesci pigliare e ciò mi deprime perchè ho sempre sognato di dar vita ai miei personaggi. Vi prego, datemi qualche dritta…un metodo…
Grazie in anticipo per la vostra gentilezza.
Alberto
Grazie Alberto!
Sei gentilissimo e non possiamo che essere felici di poterti essere d’aiuto nel nostro piccolo.
Purtroppo non c’è un “metodo” che vada bene per tutti altrimenti forse non esisterebbero più romanzi incompiuti, ma potresti iniziare seguendo una specie di programma, come quello suggerito da Sul Romanzo (puoi leggere tutte le lezioni sul loro blog) o nelle Lezioni di Louise Doughty. Potrebbe esserti d’aiuto avere una sorta di schema da seguire, ma se il tuo problema sorge a metà dell’opera allora ti consigliamo anche di allenare l’immaginazione scrivendo racconti che ti permettano di esplorare più idee. Ad esempio potresti dedicare un racconto ad ognuno dei personaggi del tuo romanzo, osservare la vita dal loro punto di vista e forse conoscendoli meglio ti sarà più semplice capire come possono interagire tra di loro. Infine, per quanto riguarda il genere che hai scelto potrebbe essere interessante leggere e analizzare alcuni romanzi fantasy ben scritti per vedere come gli autori hanno scelto di dar vita ai loro personaggi e alle vicende che intercorrono tra di loro. Ovviamente non è un invito a copiarne lo stile, ma a farti ispirare dalla loro tecnica perché ti aiuti a far emergere il tuo potenziale. Noi ti consigliamo alcuni romanzi di fantasy per ragazzi: Everlost di Neal Shusterman, i libri di Silvana de Mari e Cuore d’Inchiostro di Cornelia Funke.
Se ti va scrivici per farci sapere se i consigli ti sono stati utili!
In bocca al lupo 😉
Salve
Vi ringrazio per i vostri consigli. Tenterò di applicarli al meglio e vedrò se mi daranno i frutti attesi 🙂
Per ora ho scoperto una cosa che mai prima ho notato. In genere non ho mai cominciato poer davvero a scrivere una storia. Le tenevo sempre in mente e mi mettevo in testa di svilupparle nei minimi particolrai prima di stenderle sul foglio (elettronico). Ma ultimamente ho iniziato a scrivere la storia che mi è venuta in mente e mi sono reso conto che man mano che scrivo le idee vengono da sè. I particolari emergono nella mia immaginazione intanto che narro; certo, a volte vengono subito, altre volte devo spremermi le meningi per un bel po’ prima di arrivare alla soluzione decisiva. Pensate che nelle ultime settimane ho scritto solo cinque pagine perchè continuavo a cestinare quello che scrivevo, non essendo soddisfatto del contenuto, ma dopo interi giorni di fatica mentale finalmente mi sono sbloccato.
Forse il mio problema con la trama deriva in parte dalla mia pigrizia e dalla paura di non soddisfare le mie proprie aspettative. Talvolta rrimandoa dopo la scrittura con la scusa di “non essere ispirato” in un dato momento ma forse si tratta solo del fatto che ho paura di rovinare la storia con idee cattive e preferisco conservare ciò che ho scritto. Un po’ come quando compri un cellulare nuovo e per paura di graffiarlo non togli la pellicola dallo schermo per il timore.
E sì, poi sono anche pigro. Come ho già detto rimandavo sempre a dopo i momenti di riflessione sulla storia, e solo buttandomi in alto mare posso venir fuori con qualcosa di utile. Forse mi viene la nausea al solo pensiero delle correzioni pesanti che dovrò apportare dopo la stesura. Può darsi che abbia poi paura di constatare, un a volta finito il libro, di aver scritto una massa di schifezze e dover ricominciare daccapo.
Credo sia un misto di tutto ciò alla fine 🙂 Ma il mio amore per i miei personaggi e il profondo desiderio di dare loro vita mi aiuterà a superare le debolezze. Poi se avete qualcher consiglio sul come guarire dalla pigrizia e sopratutto dal timore dell’opinione mie e altrui, sarei contento di poterlo sentire.
Vi ringrazio ancora.
Alberto
Ciao Alberto,
il problema con le storie che abbiamo in mente è principalmente uno: finché rimangono nella nostra testa sono perfette. Non solo perché sono avvincenti ed entusiasmanti, ma anche perché “si raccontano da sole”: il loro stile è spesso impeccabile.
Una volta che cominciamo a scrivere, invece, emergono anche le ombre e i difetti. Alcuni ne sono spaventati, ma non ce n’è motivo se non si perde di vista lo scopo primario di una storia: l’essere raccontata. Ci sono molteplici modi per farlo: alcuni preferiscono stendere una prima bozza senza preoccuparsi troppo dello stile, mentre altri rifiniscono il lavoro passo passo. Non c’è un modo giusto e uno sbagliato ovviamente, ognuno può sperimentare finché non trova il suo.
Nel tuo caso hai già sfoderato un’ottima capacità di analisi che sicuramente ti aiuterà molto nella scrittura!
Anche noi conosciamo bene quella sottile e persistente paura di disattendere le aspettative che abbiamo sulla nostra storia e sul modo di scriverla, ma vedrai che il tempo e la pratica ti aiuteranno a capire oggettivamente quali sono i tuoi limiti e ti forniranno gli strumenti per superarli o trarne addirittura vantaggio.
Per guarire dalla pigrizia ti consigliamo un metodo semplice, ma che per noi si è rivelato estremamente efficace: poniti un obiettivo giornaliero di scrittura che ti “costringa” alla costanza senza però far emergere una forte resistenza alla sola idea di compierlo. Ad esempio, un obiettivo può essere quello di scrivere una paginetta ogni giorno. Che tu scriva nuove avventure del tuo romanzo o una nuova storia o i tuoi pensieri sulla giornata poco importa: è il porsi l’obiettivo e raggiungerlo ogni giorno che conta.
Invece, per quanto riguarda la paura del giudizio, tuo e altrui, si tratta di una questione un po’ più spinosa, ma ne parleremo presto con alcuni articoli mirati. Nel frattempo il consiglio che ti diamo è di non lasciarti spaventare e di continuare a scrivere coltivando la passione per la storia e i suoi personaggi.
Del resto la scrittura è un’arte, non una scienza, per questo non può mai essere perfetta. Può essere bella, emozionante, coinvolgente… ma non perfetta, cosa che invece spesso pretendiamo da noi stessi per quello che vorremmo fare.
A presto Alberto e, soprattutto, buona scrittura!
Ciao
grazie di cuore per la vostra assistenza.
Mi permetto un’altra domanda: credete che il luogo in cui mi appresto a scrivere influenzi il mio lavoro? La mia ispirazione?
Io scrivo sempre nella mia stanza, ma essa…come dire, no m’ispira e mi toglie l’entusiasmo….forse perchè non è un luogo molto suggestivo e non risveglia in me le emozioni adatte. Quando mi trovo in altri posti però (biblioteca, università) mi sento molto più carico e motivato…le idee vengono meglio e alcune frasi brillanti si compongono da sole, come se il diverso ambiente m’ispirasse in un modo che la mia camera non può fare.
Dite che mi converrebbe spostarmi in un’altra stanza mentre scrivo? Mi aiuterebbe in qualche modo?
Poi, una domandina sconnessa dall’argomento: qual è per voi la frontiera da non superare fra il plagio e il “rendere omaggio” a un’opera? Potreste farmi un esempio concreto?
Aspetto la vostra riposta e vi ringrazio del nuovo articolo sull’autostima. Mi ha tirato su d’animo dopo un brutto periodo di apatia 🙂
A presto!
Alberto
Ciao Alberto,
sicuramente il luogo in cui scrivi ti condiziona e non poco nel processo creativo. In particolare se a quel luogo attribuisci emozioni o sentimenti in un certo senso “negativi”. Di per sé magari la tua stanza non ha nulla che non va, ma in questo momento protesti aver bisogno di una varietà che lei non è in grado di offrirti.
Se senti che altri luoghi ti potrebbero ispirare meglio allora dovresti assolutamente provarli, anche solo per “testare” l’energia di cui sono carichi.
Un consiglio che ti diamo è di seguire sempre il tuo istinto, di esplorare luoghi diversi per vedere che effetto hanno su di te (non solo un’altra stanza di casa o l’università, ma anche un bar o il parco…), al contempo però impegnati a ridar “vita” alla tua stanza: trasformala nel luogo tranquillo e ispirante che ti accoglierà quando la fase creativa sarà terminata e avrai bisogno di iniziare quella di revisione e riscrittura. Anche in questo caso chiediti cosa nella tua stanza non va e come potresti cambiarla affinché sia sempre un luogo in cui potrai tornare quando avrai bisogno di raccogliere le idee.
Per quanto riguarda i confini tra plagio e il “rendere omaggio” a un’opera, noi condividiamo il punto di vista di chi afferma che un’opera può considerarsi plagio nel momento in cui l’autore nasconde il fatto che l’ispirazione non è sua, ma “presa in prestito” da un altro.
Si ha invece un chiaro intento di “rendere omaggio” quando è evidente da dove proviene il contributo alla nostra opera. Ti consigliamo comunque di leggere questo articolo per approfondire (vi trovi anche degli esempi).
A presto!
bellooooooooooooooo