Rieccoci per la seconda parte di questo post: dopo la resistenza siamo ora pronti a esplorare l’esercizio e le possibilità.
Partiamo dall’esercizio. Anche se ne abbiamo già parlato in precedenza, siamo i primi a predicar bene e razzolar male per cui ci riproviamo, questa volta affidandoci a un’insegnante d’eccezione, Natalie Goldberg, e al suo famoso libro Scrivere zen. Un libro che abbiamo letto, gustato e che ci ha ispirati come pochi altri libri che parlano di scrittura hanno saputo fare.
Piace, piaciucchia o non piace, i pareri sono contrastanti perché l’autrice non parla solo di scrittura, ma la vive e lo fa a modo suo. Il titolo originale del libro è Writing down my bones che rende bene l’idea di come la faccenda scrittura possa essere vissuta interiormente, alla stregua di un aspetto imprescindibile del nostro essere. Un po’ come se insieme al sangue in noi scorressero anche parole.
Sul fare esercizio Goldberg scrive:
L’unità di base dell’addestramento alla scrittura è l’esercizio a tempo.
Decidiamo noi quanto tempo dedicarci (dieci minuti, venti o un’ora…), senza voler strafare all’inizio perché impegnarsi a scrivere dieci minuti ogni giorno non è la stessa cosa che promettere di farlo per un’ora! Dieci minuti sono onorevoli e soprattutto accessibili. Dieci minuti in una giornata pur densa di impegni si possono trovare e la costanza nell’impegno preso è quello che poi davvero conta.
Dopo aver deciso un tempo per noi ragionevole, ci sono alcune regole da seguire secondo l’autrice:
- Tenete la mano in movimento. Non fermatevi a rileggere la frase che avete appena scritto.
- Non cancellate. Questo significherebbe confondere la creazione con la revisione.
- Non preoccupatevi dell’ortografia, della punteggiatura e della grammatica.
- Perdete il controllo.
- Non pensate. Non lasciatevi invischiare dalla logica.
- Puntate alla giugulare. Se scrivendo vien fuori qualcosa che vi fa paura o vi fa sentire esposti, tuffatevici dentro.
Sono regola fondamentali a ben pensarci, soprattutto se vuoi esplorare i tuoi luoghi più oscuri. C’è sempre in agguato un censore pronto a dirti che ci sono cose vietate (e non necessariamente riguardano il cosiddetto buon costume!). Ognuno di noi nasconde qualcosa dentro di sé: paure, repulsioni, pulsioni che giudichiamo inadeguate. Tenere libera la scrittura dai pensieri censori è fondamentale per “portare alla luce gli aspetti più bizzarri della nostra mente, per esplorare il margine ruvido del pensiero”.
Quando si entra in contatto con i nostri primi pensieri e da questi si comincia a scrivere, bisogna essere grandi guerrieri. Soprattutto all’inizio, può darsi che si provino emozioni e pensieri capaci di travolgerci: ma non dobbiamo smettere di scrivere. Dobbiamo continuare a usare la penna per registrare i dettagli della nostra esistenza e penetrarli fino in fondo.
Il passo successivo sta nel mettersi a scrivere. Così come viene, senza pensieri o aspettative. Non diamoci per forza un obiettivo, affidiamoci al momento permettendoci di scrivere, anche fossero le peggiori schifezze del mondo, come suggerisce Goldberg.
Bisogna darsi lo spazio per scrivere molto, ma senza una destinazione precisa.
Praticare la scrittura con costanza è uno dei migliori antidoti alla resistenza e alla paura di non farcela. Ci si allena a darsi fiducia e si conquistano pazienza e metodo.
Nello spazio vuoto dell’ispirazione
Spesso ci arrivano idee, mezze idee, abbozzi di personaggi o di trame, un’immagine e siamo spaventati dal vuoto che le avvolge. Prima niente, dopo niente, in mezzo un puntino di luce, una chiazza di colore sospesa nel buio. Quando succede, dobbiamo imparare a lasciar maturare ciò che è arrivato, Godlberg la chiama “la composta”. Non spaventiamoci e continuiamo a curare il nostro orto. Cresceranno carote, pomodori, lattuga e sembreranno tutti slegati, ognuno per conto suo, ma se non ci dimenticheremo l’arte di preparare una buona insalata, non ci dimenticheremo neppure di quello che un giorno saremo in grado di scrivere perché, semplicemente, il suo giorno sarà arrivato.
Dobbiamo continuare a lavorare il mucchio della composta, arricchendolo e rendendolo fertile perché ne possa sbocciare qualcosa di bello, in modo da essere in perfetta forma per poter cavalcare l’universo quando esso ci attraverserà.
Se capiremo questo, riusciremo anche ad accettare il successo altrui e a non essere avidi. Se qualcun altro ha successo, vuol dire che è venuto il suo momento. Il nostro arriverà nel corso di questa vita, o della prossima. Non importa. Continuate a esercitarvi.
Ispirazione e voce personale
Ma se l’ispirazione non arriva? Semplice, secondo l’autrice, iniziamo col non preoccuparci perché tutto è potenzialmente una fonte di ispirazione, quindi ovunque si vada l’ispirazione c’è e basta saperla cogliere. È nella macchinetta rotta del caffè, nel mendicante che ti chiede qualche moneta, nella carta di caramella che vedi per strada. Puoi trovarla in un sentiero di campagna, in una vecchia casa messa in vendita o nella frenesia di uno sconosciuto che, correndo chissà dove, ti urta senza neppure scusarsi. È ovunque e non c’è bisogno di saper già tutto su qualcosa per scriverne. Ci si può lasciar ispirare e poi ci si documenta.
E se, invece, non si è ancora scoperta la propria voce? Ecco un ulteriore motivo per tuffarsi nell’esercizio!
Basta esercitarsi a scrivere; quando si impara a dar fiducia alla propria voce allora la si può dirigere. Se volete scrivere un romanzo, scrivetelo. Se vi va di scrivere saggi o racconti, scriveteli. Scrivendoli imparerete come si fa. Potete star certi che a poco a poco acquisirete le tecniche e il mestiere che vi servono.
Detto questo non siamo neanche a metà di Scrivere zen eppure c’è già molto su cui riflettere, vero?
Nel libro abbiamo trovato tanti consigli, esempi e spunti per scrivere, in una forma diversa da quella del tipico manuale. Le parole, i concetti scorrono capitolo dopo capitolo, e quando volti l’ultima pagina ti rendi conto che quello che ti sembrava semplice e scarno in realtà ti ha reso pieno: di motivazione, di entusiasmo, di voglia di scrivere.
Un caleidoscopio di possibilità
Bene, passiamo ora alle possibilità: che cosa significa “avere una possibilità”? Nella scrittura ci sono innumerevoli possibilità, non solo quella di vendere il proprio libro e diventare ricchi e famosi, una possibilità, tra l’altro, neppure tra le più frequenti offerte dalla dea Scrittura a chi la venera.
Chi ama scrivere conosce bene la sensazione che dona l’atto stesso: è come innamorarsi ogni volta e soffrire, arrabbiarsi, lottare, abbandonarsi a questo amore. Chi scrive non lo fa per gli altri, lo fa innanzitutto per se stesso, perché sta bene mentre lo fa, perché ci si sente un po’ Dei nell’atto della creazione.
La scrittura può essere un potente strumento per scoprire noi stessi, scrive Nicki Jackowska nel libro Scrivi e scopri te stesso. Non si tratta di psicoanalizzarti, ma di lasciare che l’immaginazione metta in luce il tuo vero volto. Attraverso la scrittura possiamo infatti diventare ciò che siamo: in una poesia o in un racconto trovano spazio emozioni, pensieri, sensazioni a cui non avremmo permesso di emergere nella nostra vita quotidiana. Ci permettiamo un’esplorazione altrimenti preclusa. Scrivendo sperimentiamo un nuovo modo di pensare e nuovi pensieri producono nuovi atteggiamenti così come un nuovo modo di scrivere. Non solo, scrive Jackowska
…grazie alla scrittura e ai suoi processi associativi possiamo ritrovare un po’ di noi stessi, riappropriarci di quelle doti che non sono mai state scoperte o stimolate, o che involontariamente ci siamo fatti sottrarre, negare o soffocare. La scrittura sarà molte cose, ma prima di tutto sarà una sfida su tutti i fronti. E un nutrimento per noi e per gli altri.
In poche parole, continua l’autrice
Scrivere significa creare un luogo esterno a noi stessi, separato e ben distinto, in cui riusciamo a conoscere meglio noi e gli altri.
Non importa dove siamo nati e quando, in quale famiglia, senza una famiglia, con una famiglia fantasma. Se da bambini eravamo socievoli, pasticcioni, riservati, paurosi, insicuri, avventurosi: fa tutto parte del nostro tesoro. Possiamo usare tutto, come più ci pare. Il nostro passato e il nostro presente sono le fonti inesauribili della nostra fortuna.
Le nostre angosce costituiscono una sorgente di forza quanto i nostri momenti felici.
Nella scrittura si riflette il valore di ciò che sei e dici a modo tuo, un modo assolutamente unico e originale, diverso da tutti gli altri. È il tuo fuoco, quello che arde in te e che è necessario continuare ad alimentare. Se non sei uguale agli altri significa che sei vivo, che non sei una noiosa fotocopia e se qualcuno non ti capisce, tanto peggio per lui, non hai bisogno di farti capire, hai bisogno di lasciarti vivere a modo tuo.
Sulla pagina noi apriamo uno spazio per ciò che è rimasto senza voce e che forse non ne avrebbe mai. Riviviamo e portiamo alla luce ciò che solo qui può esprimersi.
Qui non si parla di scrittura intima, si va oltre. Pensiamo ai nostri scrittori preferiti, di ogni tempo e luogo, di ogni genere ed estrazione, pensiamo che cosa ci hanno trasmesso attraverso le loro storie, il loro stile narrativo. I mondi, i personaggi che hanno creato parlavano anche di loro, parlano anche di noi. C’è qualcosa che ci chiama quando sentiamo la spinta verso un certo genere letterario piuttosto che un altro, verso un certo tipo di storie e personaggi piuttosto che un altro.
L’immaginazione è libera di fare ciò che l’ambiente circostante si ostina a rifiutare di fare, e cioè muoversi.
Lasciamo da parte la razionalità per una volta e godiamoci semplicemente le emozioni.
Un trio esplosivo
Resistenza, esercizio e possibilità: un trio impegnativo per chi dona il proprio tempo e le energie alla scrittura. Eppure non ci si può sottrarre al richiamo, è quasi un bisogno che chiede di essere soddisfatto e se è in noi un motivo ci sarà. Per cui, mettiamo al bando le giustificazioni e sporchiamoci serenamente le mani: scaviamo dentro di noi, scaviamo dentro ai nostri personaggi e diamo forma allo sconosciuto attraverso le parole.
Ho dovuto scrivere i libri che ho scritto perché su quei temi non ce n’erano, non c’era niente che mi desse ciò che volevo. Ho dovuto mettere ordine nel mio mondo, gettarvi luce, prima di tutto per me stesso.
V.S. Naipaul, Leggere e scrivere