Calendario dell’Avvento 2024
Racconto “Brina Malasorte” – Seconda parte
Poi una notte, Brina si svegliò assetata e udì i genitori che parlottavano in cucina.
«È grande ormai, sta diventando difficile sfamarla con quel poco che abbiamo.»
«Hai ragione, moglie, e mi sembra bella abbastanza perché qualcuno possa volerla in sposa.»
«Sì, bella è bella, bella abbastanza, un po’ pigra ma non c’è bravo marito che non la saprà rimettere in riga.»
«Giusto! Ieri parlavo con il vecchio fabbro, sai è rimasto vedovo e le ha fatto un complimento.»
«Oh, il fabbro, ma certo, sarebbe un ottimo partito e poi ci potrebbe aiutare in casa quando ce n’è bisogno», la vecchia Malasorte si sfregò le mani soddisfatta all’idea del futuro che avrebbero garantito alla figlia e a loro stessi.
Brina ascoltava appoggiata alla porta socchiusa della sua camera, gli occhi sbarrati, il cuore che batteva furioso e infuriato.
Il vecchio fabbro? Come possono pensare che io…, tremava cercando di capire come avrebbe potuto evitarlo.
Sperava che i discorsi dei genitori fossero solo fugaci chiacchiere, che il giorno dopo se ne sarebbero dimenticati. Ma con l’affacciarsi del nuovo giorno i vecchi Malasorte annunciarono a Brina il suo imminente fidanzamento con il fabbro.
Non può essere, continuava a ripetersi Brina di ritorno dal pozzo, mentre gocce su gocce cadevano fatalmente a terra.
Non può essere. E ora cosa faccio? Si disperava raccogliendo cavoli e rape nell’orto e posandoli nell’ansa del suo grembiule.
Quella stessa notte, affacciata alla finestra, Brina cantò il suo dolore.
Non posso restare, i miei mi voglion maritare
Uno sposo che il mio cuore rifiuta d’amare
Né buono né bello né giovane o snello
Non ama viaggiare, le radici qui ha piantato
Vorrei rifiutare, dire di no a gran fiato
Ma non posso, devo sparire, scappare
Dire addio per sempre, mai più ritornare
Stanotte, sì proprio stanotte, è tempo d’andare.
E così Brina raccolse tutto il coraggio che mai aveva pensato di possedere, mise in un fagotto il suo vestito più elegante, rubò un pezzo di pane duro, che i suoi genitori conservavano per tempi ancora più difficili, e se ne andò.
Ho paura, sono sola, temo il buio, ma ho fiducia, qualcuno mi aiuterà, vero signor gufo? Qualcuno mi aiuterà, sì qualcuno ci sarà, e così ripetendosi Brina si avvolse il capo nello scialle scuro, l’unico che possedeva, e attraversò il bosco in direzione della strada che l’avrebbe condotta in paese.
Voleva passarvi mentre tutti ancora dormivano, per non correre il rischio che qualcuno la riconoscesse.
Camminò e camminò. Per quanta stanchezza sentisse, la paura che i suoi genitori si fossero messi sulle sue tracce era più grande, così non si fermò se non per bere un sorso d’acqua da un fresco ruscello e per sbocconcellare un po’ di pane. Si lasciò anche il paese alle spalle.
Venne l’alba e a tenerle compagnia c’erano ora le cinciallegre e i passeri e i fringuelli.
«Cantate amici miei, cantate anche per me», sussurrava Brina rincuorata. Era tutto nuovo ai suoi occhi: orti che si perdevano all’orizzonte, strade ampie su cui passavano carri e carrozze. Com’erano belli i cavalli! E le case che costeggiavano la strada: sembravano regge paragonate alla sua! Colorate, con gerani rossi e rosa alle finestre, un cane che abbaiava al suo passaggio, un gatto che la ignorava sdraiato al sole.
Ora Brina camminava a viso scoperto salutando i passanti con un semplice buongiorno, quasi sempre ricambiato. Gente nuova, gente sconosciuta.
Non sapeva ancora dove si sarebbe fermata per la notte, ma voleva allontanarsi il più possibile e conservava la segreta fiducia che sarebbe stata aiutata.
Arrivò il tramonto e Brina era ancora in viaggio. Passò quella prima notte all’aperto, protetta nell’abbraccio di un anziano pino mugo. Il giorno dopo riprese il viaggio. I passi si facevano più incerti, il tozzo di pane si rimpiccioliva a vista d’occhio e poi arrivarono anche le nuvole scure, tozze e cariche. Per quella notte si preannunciava un temporale coi fiocchi.
Oh, come farò? A chi chiederò riparo? Non conosco nessuno, non so cosa fare, pensava Brina sconfortata quando, all’improvviso, un carro le si fermò accanto.
Leggi la terza parte del racconto (18 dicembre)
Fiabe Moderne di Lara Marzo
Racconto tratto daIl calendario dell’Avvento 2024
Immagine in apertura di Seth Fink