Calendario dell’Avvento 2024
Racconto “Brina Malasorte” – Quarta parte
Passò l’intera giornata a ramazzare pavimenti, pulire finestre, spolverare e lavare. Sembrava che le stanze in quel palazzo fossero infinite, così come le scale da salire e scendere e le finestre da pulire. Quando credeva di essere finalmente arrivata all’ultima stanza ecco che ne compariva un’altra e un’altra e un’altra ancora.
Terminò quando ormai disperava di finire in tempo e il rumore delle carrozze che arrivavano aveva riempito l’aria.
«Bene, puoi andare ora, ti ho fatto preparare la cena in camera tua. Puoi fare quello che vuoi tranne uscirne.»
Brina obbedì e si rintanò in camera, anche se la curiosità le solleticava il desiderio di trasgredire al divieto. Chissà chi erano gli invitati della fata, persone importanti sicuramente! Era naturale che le avesse proibito di uscire dalla stanza, però, solo per dare un’occhiatina, che male avrebbe potuto fare? Brina si accostò alla porta chiusa e si lasciò ammaliare dalla musica che danzava nell’aria, dal chiacchiericcio che proveniva dal salone al pian terreno e dalle risate. Stavano ballando, sì era sicura che le danze fossero iniziate. Cosa avrebbe dato per poter vedere tutte quelle persone eleganti ballare!
Scosse la testa e si allontanò dalla porta. La fata era stata chiara: non sarebbe dovuta uscire per nessun motivo. Brina si avvicinò alla finestra che si affacciava sul retro del palazzo, sul buio immacolato della notte. C’era la luna piena e il cielo era terso, proprio come la fata avrebbe voluto il suo palazzo. Chissà se era rimasta soddisfatta, si chiese Brina prima di sussurrare alla luna i suoi desideri.
Che altro far? Pulire, lavare, ramazzare
Lo faccio da quando son nata
Nient’altro mi attende, non son mica una fata!
O forse mi sbaglio, forse è un abbaglio
Un’altra sorte c’è, un’altra sorte per me.
Da principessa vorrei vestire,
come esploratrice viaggiare,
da cavaliere il mio sire servire,
come sacerdote per sempre studiare.
Sì, tutto questo vorrei, io vorrei
Io vorrei…
«Io vorrei…» bisbigliò ancora Brina, prima di addormentarsi.
Il giorno dopo passò come il precedente: colazione con la fata, giornata in compagnia di spugna, secchiello e ramazza. La sera un’altra festa, un’altra notte segregata nella sua stanza. E scese una lacrima. Così passò anche il terzo e il quarto e il quinto giorno. Arrivata al sesto giorno dal suo arrivo nel palazzo della fata di Mezzanotte, Brina si disse che non sarebbe successo proprio niente di male se fosse uscita dalla sua stanza e si fosse nascosta in cima alle scale. Sarebbe stata discreta, nessuno l’avrebbe vista spiare gli ospiti, la festa, le luci, i colori. E così fece. Brina indossò il suo vestito elegante e poi aprì piano la porta, che non oppose resistenza. Uscì sul corridoio, silenziosa raggiunse il parapetto, si rannicchiò e guardò in basso. Spalancò gli occhi di fronte al tripudio di ricchezza e bellezza e fascino ed eleganza e… e tutto quello che di magnifico le veniva in mente, che vide.
Chi erano quelle persone? Stavano ballando, chiacchierando, sorseggiando un liquido dorato da un calice, mangiando dei pezzetti di pane bianco che sembrava soffice come neve. Brina credeva che sarebbe stata felice nello spiare la festa e invece, invece si sentì stringere il cuore perché loro erano laggiù e lei lassù. Perché loro erano vestiti di seta, argento e oro mentre lei cercava di nascondere le grinze del suo misero vestito più bello lisciandole con la mano.
Fece per andarsene, si alzò e lanciò un’ultima occhiata sotto di lei e fu in quel momento che lo vide. E lui vide lei. Si guardarono per un attimo, il tempo di un batter di ciglia e lui era scomparso, erano tutti scomparsi. Non c’era più nessuno. Il salone più buio di una notte senza stelle. Brina non capiva cosa fosse successo. Si sentì in colpa per aver trasgredito al divieto della fata e corse in camera sua.
Leggi la quarta parte del racconto (20 dicembre)
Fiabe Moderne di Lara Marzo
Racconto tratto daIl calendario dell’Avvento 2024
Immagine in apertura di Pete F