Calendario dell’Avvento 2024
Racconto “Brina Malasorte” – Ottava parte
Brina entrò nel castello: c’erano persone ovunque, alcuni piangevano, altri sedevano mesti. Nella sala reale vide il re, seduto sul suo trono, con la testa poggiata su una mano e la regina che, al suo fianco, accarezzava svogliata il suo cagnolino da compagnia.
Brina si avvicinò ai sovrani, si inginocchiò e si presentò.
«Chiunque tu sia non puoi far niente, torna da dove sei venuta prima che sia troppo tardi anche per te», proclamò il sovrano.
Brina prese un fiammifero e accese la candela. Subito re e regina si sporsero verso la fiamma, il calore, la luce…
«Oh, il sole!» esclamò la regina con gli occhi che le brillavano di lacrime.
«Il sole in un cielo limpido, senza nubi, la giornata perfetta per una passeggiata nel parco reale», dichiarò ammaliato il re.
«Oh sì, bellissimo…», sussurrò la regina.
I sovrani ringraziarono Brina e lei consegnò loro la candela.
«Nostro figlio si trova nella sua stanza, ma ti avvertiamo: con lui non sarà così semplice.»
Brina li ringraziò e andò alla ricerca della stanza reale. Superò diverse porte finché non ne scorse una alta e robusta, di legno imbiancato con intagli dorati.
Lì davanti un servitore supplicava: «Principe, per favore uscite.» La porta era chiusa a chiave. Quando vide Brina l’uomo le domandò chi fosse. «Sono qui per conto del re e della regina», rispose. Il servitore fece spallucce e se ne andò.
«Buona fortuna», disse, «ne avrai bisogno.»
Brina rimase a lungo ferma davanti alla porta chiusa. Non sapeva cosa fare: neppure i doni delle fate sarebbero serviti. Dalla porta giungeva un lamento che a tratti si faceva più intenso e cupo e poi calava il silenzio, un silenzio innaturale.
Brina si sentì all’improvviso stanchissima e si sedette con la schiena contro la porta. Chiuse gli occhi: percepiva tutta la sofferenza, la disillusione, la tristezza, la disperazione che si celavano al di là della porta e le riconobbe. Quella sofferenza, quella tristezza erano anche sue, appartenevano anche a lei, alla sua storia.
«Questo pane lo teniamo per tempi più duri.»
«Non farti illusioni, nessuno ti aiuterà.»
«Non sprecare neppure una goccia d’acqua, mangia i tuoi cavoli e ringrazia.»
«Sposa il vecchio fabbro e facci felici…»
Una lacrima scese e dal suo cuore si innalzò un lieve canto.
Non temo il cammino, qualunque esso sia
se posso viverlo con un po’ di magia.
Son nata Malasorte e accettarlo dovrei.
Eppur ancor tento di cambiarlo e vorrei
svegliarmi al mattino, far mio il destino:
conoscer persone che sian per bene,
di cuore amare e piantare un seme
che cresca forte e non tema la sorte,
che fiorisca per me, che mi cambi di nome.
Son nata Malasorte, ma non mi arrendo,
lo grido a gran voce e la mia vita riprendo.
Dall’altra parte della porta emerse un lamento, in risposta:
Sei nata Malasorte, ignota fanciulla
ma di fallire non temi, quasi per nulla.
Ti sento cantare e non so cosa fare:
uscire vorrei, tornare a sperare,
rider di gusto e di nuovo amare.
Vorrei il sole far splendere e la luna brillare
Ma dimmi, fanciulla, quale prezzo
sei disposta a pagare?
Brina chiuse gli occhi, il cuore in gola, poi cantò:
Mio signore, il prezzo non temo
Se qui a cantar noi due resteremo
Leggi l’ultima parte del racconto (24 dicembre)
Fiabe Moderne di Lara Marzo
Racconto tratto daIl calendario dell’Avvento 2024
Immagine in apertura di Alexander Grey