Scritto da Pensiero Distillato Calendario Avvento

Il ventunesimo – 13 dicembre

Racconto “Il ventunesimo” – Quarta parte

«Ma è brutta! Che gli è capitato?»
«Come brutta?» , rideva la nonna. «È una carta bellissima, ti mostra che puoi osservare la vita da un’altra prospettiva. Che puoi cambiare punto di vista se vuoi.»
Seduta sul letto, Estelle estrasse il mazzo dal sacchetto di velluto che era appartenuto alla nonna: mescolò le carte e poi ne scelse una, così come avrebbe fatto in compagnia di Agnese, quello stesso pomeriggio, se lei fosse stata ancora viva.
Estelle voltò la carta: era la ventunesima, Il mondo. Raffigurava una donna che sembrava una dea. O una regina, la regina del suo mondo.
Estelle fece per rimetterla nel mazzo quando un’altra carta sfuggì cadendo sul copriletto. Estelle la prese in mano: era anch’essa una donna, ma guardava dritta di fronte a sé. Uno sguardo deciso, inappellabile. Estelle ricordò cosa le aveva raccontato la nonna su quella carta: «Non dimenticare bimba mia, la vita va guardata in faccia, non ci sono scorciatoie, soprattutto per quello che provi. Ma, diciamo così, puoi sempre aggiustare un po’ il tiro se qualcosa non è esattamente come dovrebbe essere. La giustizia non è cieca, ci vede benissimo e fa la sua parte per rimettere le cose a posto.»

Ecco La giustizia, di nuovo lì a fissarla dritta negli occhi. Cosa le stava dicendo? Cosa avrebbe dovuto guardare in faccia?
Estelle non lo sapeva, non ancora, infine ripose le carte nel sacchetto di velluto blu e decise di prendere una boccata d’aria: aveva bisogno di camminare, di schiarirsi le idee.
«Io esco», salutò davanti alla porta d’ingresso. Nessuna risposta. Nella casa regnava il silenzio nonostante sua madre fosse presente e l’avesse di certo sentita, ma con Graziella alcuni silenzi erano di rito, soprattutto dopo che qualcosa l’aveva offesa o contrariata. Estelle sospirò prima di richiudersi la porta alle spalle.
Dietro casa, imboccò una delle stradine sterrate che tagliavano in due i campi appena arati. Tra pochi giorni avrebbe compiuto ventun anni ed Estelle sapeva che su una cosa sua madre aveva ragione: la nonna avrebbe voluto festeggiare, ma l’avrebbe esortata a farlo a modo suo, come piaceva a lei e non come sarebbe piaciuto a Graziella.

«Estelle, ci sono persone che vivono la loro vita attraverso quella degli altri, se li guardi con attenzione hanno sempre una mano tesa verso il prossimo e ripetono incessantemente: dammi un po’ di attenzione, dammi un po’ di amore, dammi un po’ di compagnia, dammi un po’ di considerazione.
Dammi un po’ di quello che mi sembra troppo faticoso da ottenere senza che sia tu a concedermelo.»
«Oh nonna, ma è normale! Anch’io ho bisogno degli altri per sentirmi felice. Se mi ignorano mi deprimo.»
«Dovresti deprimerti ben di più perché accetti di delegare agli altri un tale potere sulla tua vita!» Agnese l’aveva guardata dritta negli occhi.
«Ad esempio, lo sai che presto potrei morire, è naturale, ma mi convincerei di aver sbagliato tutto se tu, bimba mia, rimanessi a lungo triste. Voglio che tu possa concederti le lacrime che arriveranno, ma che poi vada avanti col sorriso, onorando la tua vita come solo tu saprai fare.»
«Non dire così, non voglio ascoltarti.»
«Ecco, questo rattrista me. Estelle cara, è fondamentale che tu capisca quanto sia importante onorare invece di recriminare.»
Mentre calpestava la ghiaia e fissava l’orizzonte di prati davanti a sé, Estelle risentiva le parole di Agnese e si chiedeva se ci sarebbe mai riuscita. Tirò un calcio a un sassolino: perché la nonna aveva insistito tanto? Perché non essere tristi e basta? Cosa c’era di sbagliato nell’aspettarsi qualcosa dagli altri? Qualcosa per sé?

Racconto tratto da Fiabe Moderne di Lara Marzo

Nelle puntate precedenti…

Immagine in apertura di petr sidorov

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Tag: Last modified: 14 Dicembre 2024