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Racconto “Io mai” – Terza parte
Il giovane scosse la testa stanco, afferrò la chiave e salì le scale. Scricchiolavano, così come le assi del pavimento che lo condussero alla sua stanza. Un letto, era tutto quello di cui aveva bisogno. Un letto e un tozzo di pane per cena: pane da dare in pasto al suo stomaco sempre affamato e sonno per sognare. Era tutto il lusso che si sarebbe concesso quella notte e gli sarebbe bastato.
Girò la chiave nella serratura e si ritrovò immerso nella penombra di una stanza piccola e intrisa dell’odore di legno marcito. Di fronte a lui una minuscola finestra, una ferita di vetro nella parete, che il giovane provò a socchiudere per far entrare un po’ d’aria fresca.
Accanto alla finestra, un piccolo tavolo roso dai tarli e sul tavolo il moccolo di una candela, quello che rimaneva del ricordo di tempi migliori. Il giovane l’accese con uno dei fiammiferi che recuperò dalla sua sacca e una tenue luce illuminò lo scarno arredo della stanza: una sedia, un letto, un catino e una brocca.
Sarebbe riuscito a dormire? Si chiese ricordando il lavorio incessante dei tarli a casa del padre. Sì, ce l’avrebbe fatta, si disse, erano solo operai notturni e la sua mente li avrebbe presto ignorati diretta verso altri lidi.
Appoggiò la sacca sul tavolo e si sedette: era tempo di cenare e poi riposare. Infine.
Spazzolò la pagnotta, ormai meno fragrante rispetto a quella del pranzo, e poi si alzò per chiudere la finestra e accostare le imposte, ignorando i rumori che provenivano dalla strada. Soffiò sulla fiamma che tremò e spegnendosi gli restituì il familiare aroma di fumo. Si sdraiò sul letto cencioso e pieno di bozzi, vestito com’era, la sacca sempre accanto. Chiuse gli occhi.
Dabbasso giungevano le grida degli uomini alticci e volgari, intenti a vincere o a perdere a qualche vecchio gioco di carte, mentre le stanze accanto erano testimoni poco discreti di un altro genere di vittorie o sconfitte dell’ego maschile.
Si era allontanato per tanti motivi, ma uno era anche quello: il tipo di uomo che il padre gli rammentava sempre che sarebbe dovuto diventare. E invece lui no, testardo, voleva tentare altre vie, esplorare diverse possibilità. Voleva diventare uomo per sé, a modo suo. Non delegare ad altri la decisione più importante della sua vita.
Ma sotto al tetto di suo padre non avrebbe potuto perché per lui altre idee, altre prospettive non erano possibili. Certi pensieri, gli ripeteva, andavano estirpati: erano scorie della mente, sortilegi del cuore. Certi dubbi erano roba da donne. Ma del resto cosa ci si poteva aspettare da un figlio cresciuto con troppo amore da parte di una madre debole? Sarebbe stato meglio qualche scappellotto in più. Si sarebbe fatto meno domande, non sarebbe cresciuto storto. Discorsi che il giovane cercava di ignorare, ma come farlo senza rinnegare suo padre? Come trovare il proprio modo di affermarsi in quanto uomo? E poter pensare, pensare pensieri propri?
Leggi la quarta parte del racconto (4 dicembre)
Fiabe Moderne di Lara Marzo
Racconto tratto daLeggi le precedenti parti del racconto
Immagine in apertura di Sirisvisual