Scritto da Pensiero Distillato Calendario Avvento

Io mai – 5 dicembre

Racconto “Io mai” – Quinta parte

Mentre attendeva che lei liberasse una cesta per far spazio a quella nuova, ecco che si era voltata, le guance rosse, gli occhi stanchi ma luminosi. L’aveva guardato, come una regina avrebbe guardato il suo cavaliere e aveva tolto la cesta vuota perché lui potesse sostituirla.
«Grazie», gli aveva sussurrato, regale, e lui si sarebbe inchinato se avesse potuto. Invece, aveva appena abbozzato un sorriso afferrando la cesta e si era dileguato. Nessuna parola, nessuna possibilità, solo un silenzio che diceva tutto, l’unico che avrebbe potuto parlare per lui.
Poi i giorni della Fiera erano finiti, gli avventori si erano diradati e tutto era tornato ai soliti ritmi: la regina nelle sue stanze, il cavaliere nel retrobottega.
«Hai fatto un buon lavoro ragazzo, se potessi ti terrei, ma troverai fortuna altrove. Ecco il tuo compenso», il mastro fornaio lo aveva congedato qualche mese dopo, presto, infatti, sarebbe arrivato il suo vero successore, colui che avrebbero potuto incoronare re.
«Hai visto?» , aveva commentato suo padre. «Alla fine la vita ti dà sempre un calcio nel sedere. Nessuna pietà. E ora che farai? Qui non c’è futuro per te. Vai a cercartelo altrove.»

Disteso su quel letto cencioso e sconosciuto, il giovane ripensava a quei giorni e si chiedeva: E se? Se le avessi detto qualcosa? Se prima di mettermi in viaggio l’avessi rivista, almeno una volta, sarei ugualmente partito?
Sì, lo sapeva, sarebbe partito mille volte ancora, non c’era altro che potesse fare. E ora sapeva anche qualcosa che il padre, che non era mai partito, ignorava: il suo futuro non l’avrebbe trovato. Non poteva trovarlo perché non c’era nient’altro che il presente e quello di cui lui ne avrebbe fatto, momento per momento. Anche ora, proprio in quella stanza, su quel malandato letto, tra il lavorio dei tarli e le urla degli uomini nella taverna, lui stava creando. Ripensava a chi era stato e si chiedeva chi era ora e cosa avrebbe potuto fare con l’uomo che era diventato.
I suoi occhi avevano conosciuto altri paesaggi, altri panorami; le sue orecchie avevano sperimentato lo stridio delle tempeste e il dolce richiamo dei fringuelli al mattino; le sue mani avevano incontrato altre mani, accarezzato visi; la sua bocca aveva gustato nuovi sapori e le sue labbra si erano accostate ad altre labbra; ma il suo naso, il suo naso era rimasto fedele, fedele a un profumo che gli ricordava pane e innocenza. Piano, con dolcezza, quel profumo lo guidò, ancora una volta, in un altro tempo e luogo, in un tempo senza tempo e in un luogo non luogo dove ritrovò la consistenza dei gradini del retrobottega. Tra le mani aveva un bastoncino con cui disegnava cerchi e forme sul terreno polveroso. Nel sogno, ora, quell’ultimo giorno della Fiera lui non era tornato a casa, non subito, si era seduto su quei gradini e aveva aspettato. Quel giorno lei era uscita, senza più il grembiule a fasciarle la vita, alcune ciocche scendevano a incorniciarle il viso, libere dal rigore dello chignon, tra le braccia una cesta su cui era disteso un panno grigio. Quel giorno, nel vederla, lui si era alzato, sull’attenti. Un cavaliere davanti alla sua regina.

«Posso aiutarti?» aveva chiesto.
Lei lo aveva guardato e poi avevano percorso un breve tratto di strada insieme: lui con la cesta di lei tra le braccia, lei che non sapeva bene cosa fare con le sue mani ormai libere. Aveva provato a riportare le ciocche ribelli all’ordine.
Lui le aveva detto che tutti avevano diritto a un po’ di libertà, alle proprie scelte, anche le sue ciocche. Lei lo aveva guardato stranita e poi era scoppiata a ridere. E aveva assentito lasciando che le ciocche tornassero a incorniciarle il viso.
Quel giorno lui avrebbe voluto dirle tante cose, continuare a farla ridere. Sperava che lei gli dicesse: «Ho scoperto che adoro ridere, per favore fammi ridere ancora.» E lui lo avrebbe fatto perché lei era la sua regina. Era per lei che aveva imparato il trucco delle margherite, ma alla fine non aveva avuto il coraggio di mostrarglielo e lo aveva riservato a quella donna paffuta e diffidente che vendeva pane.

Racconto tratto da Fiabe Moderne di Lara Marzo

Leggi le precedenti parti del racconto

Immagine in apertura di Andrea Scully

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Tag: Last modified: 6 Dicembre 2024