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Racconto “Io mai” – Sesta parte
Un colpo secco. Un altro. «Sveglia!» Un pugno si abbatté sulla porta. «Se non esci entro breve mi paghi una notte in più!» grugnì l’oste e il giovane si alzò a sedere sul letto. Freddi raggi di luce filtravano dalle imposte e coloravano la stanza di azzurro.
Il giovane afferrò la sacca e si sistemò frettolosamente i vestiti spiegazzati. Versò qualche dito d’acqua nel catino e se la gettò sul viso, per svegliarsi. Uscì nel corridoio, ancora avvolto dagli ultimi brandelli di sogno, e scese dabbasso.
«Bravo ragazzo, vedo che sei mattiniero. Dormito bene?» sogghignò l’oste e, senza attendere risposta, gli voltò le spalle per rivolgersi a due uomini che reclamavano la colazione.
Il giovane uscì in strada e si ritrovò a tu per tu con il silenzio dell’alba. Nessun rumore, nessuna traccia della confusione del giorno prima. Il villaggio dormiva ancora mentre lui era costretto a rimettersi in cammino. Avrei voluto averne di più, si rammaricò malinconico stringendo la sacca.
Aveva di nuovo fame e soppesò che, appena fuori dal villaggio, avrebbe trovato degli alberi da frutto. Aveva da poco superato le ultime case quando vide i frutteti. Raccolse qualche mela e la infilò nella sacca prima di riprendere il cammino: era meglio non dare nell’occhio.
Camminò per una mezz’oretta mentre il sole sorgeva all’orizzonte.
Terminati i frutteti ricominciava la foresta. Si avvicinò a una vecchia quercia e le si sedette ai piedi gustandosi la prima mela della colazione.
Quando era partito, un anno prima, non sapeva dove fosse diretto. Aveva scelto a caso o era stato il caso a scegliere per lui. O ancora la vita? Aveva vagato di villaggio in villaggio, aveva imparato l’arte di arrangiarsi ed era sopravvissuto. Si era allontanato il più possibile dal suo villaggio natio, da suo padre, da lei, dal passato. Eppure ora scopriva che non si sarebbe mai potuto allontanare abbastanza. I ricordi, le parole rancorose del padre, le delicate parole della madre e quel profumo, il profumo di lei, mai l’avrebbero abbandonato. Se non fosse tornato certi fantasmi lo avrebbero accompagnato per sempre, così come quei sogni da cui si risvegliava con un profondo senso di smarrimento e perdita.
Torna indietro, aveva iniziato a ripetersi. Torna e dille quello che provi, qualunque cosa sia.
Io?, si chiedeva incredulo all’inizio. Io? Io mai. E ripartiva il giorno dopo, per andare ancora più lontano. Finché i sogni non avevano più smesso di tormentarlo ricordandogli dove aveva lasciato il cuore e dove doveva tornare a riprenderlo. Non importava cosa avrebbe trovato al suo ritorno. Doveva tornare. Dopo sarebbe anche potuto ripartire, ripartire non più fuggire.
Ora stava tornando, tornava e più si avvicinava, più il suo petto si contraeva, come se, dopo tanto tempo, vi potesse risentire quel battito quasi dimenticato. Una capriola e poi una stretta: il petto gli faceva male, così male come quei primi giorni e gli ultimi nella bottega del mastro fornaio, quando le speranze erano ancora tutte intatte e poi quando non ve n’erano più.
E ora stava tornando. Si rialzò, si scosse la terra umida e i fili d’erba dai calzoni, si rimise la sacca sulle spalle e riprese il cammino. Doveva attraversare la foresta, un’altra volta, e sarebbe arrivato. Ancora non sapeva quanto sarebbe rimasto, forse solo il tempo di lasciare qualcosa e riprendersi qualcosa. O forse un po’ di più. Aveva ormai esaurito le monete, non gli restava che la natura a provvedere a lui finché non avesse deciso.
Infine, dopo altri giorni di cammino, notti all’addiaccio e la generosità di una natura in apparenza indifferente, ma prodiga nel soddisfare l’appetito e nel dissetare, riecco apparire all’orizzonte le mura antiche di un villaggio mai dimenticato, i contorni di tetti ancora familiari. Era tornato.
Si chiese come avrebbe ritrovato il padre, se sarebbe stato riconosciuto. Difficile che qualcuno potesse ricordarsi di lui, non così sporco e impolverato.
Leggi la settima parte del racconto (7 dicembre)
Fiabe Moderne di Lara Marzo
Racconto tratto daLeggi le precedenti parti del racconto
Immagine in apertura di Fumiaki Hayashi