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Racconto “Io mai” – Settima parte
Attraversò strade ancora solitarie, l’alba stava per sorgere, quell’ultima notte non era riuscito a dormire e si era messo in cammino presto. Le stelle, sopra di lui, ancora luminose seppur in procinto di ritirarsi. Il giovane aveva sollevato lo sguardo e le aveva fissate pieno di domande. Anch’esse erano state compagne di viaggio silenziose, a modo loro avevano vegliato su di lui, come la madre, e nelle lunghe e inquiete notti, gli avevano raccontato una storia antica, una storia di vittorie e sconfitte, di delusioni e amore. Ancora amore. Mentre le osservava il giovane si chiedeva se la sua regina si trovasse ancora lì, dove lui l’aveva lasciata, o se forse regnasse già altrove.
Le gambe lo portarono senza errori là dove era iniziato il suo viaggio un anno prima, là dove ora tornava: ecco la casa di suo padre, acciaccata come l’aveva lasciata. Si fermò a guardarla, le imposte accostate, le erbacce che le correvano intorno, quel vecchio melo ingobbito dagli anni e dai carichi di mele che avevano allietato la sua infanzia. Sua madre se n’era andata portandosi via la grazia di quella casa.
Il giovane frugò nella sacca ed estrasse uno dei suoi tre tesori: una pietra, l’aveva raccolta proprio davanti casa il giorno in cui era partito. Voleva qualcosa da portare con sé che gli ricordasse il peso di quella sua partenza. Il dolore, ma anche il sollievo quando, un giorno, l’avrebbe ripresa in mano per lasciarla finalmente andare. Il giorno era arrivato: lasciò scivolare la pietra dalla mano che cadde a terra con un tonfo attutito, rotolò accanto ad altre pietre e si fermò.
«Bentornata a casa», pronunciò il giovane. Una casa che non poteva più essere la sua, ora lo comprendeva, perché non provava alcun dolore, alcun rammarico, ma sollievo. Si sentiva leggero, era riuscito ad andare oltre. Non aveva ancora trovato un luogo che avrebbe chiamato casa, ma ora sapeva che non era più quello. I fantasmi potevano riposare in pace. Si recò nel retro dove raccolse un po’ di acqua dal pozzo per darsi una ripulita. Poi entrò, suo padre al solito si era dimenticato di chiudere la porta. Molto probabilmente lo avrebbe trovato a smaltire la sbornia, ancora vestito. Il giovane si recò in silenzio nella sua vecchia stanza, uno sgabuzzino a dir la verità, dove scoprì con gioia che il padre non aveva toccato nulla. Ritrovò i suoi vecchi abiti e si cambiò. Abiti puliti, da quanto non li indossava!
«Sei tornato», si sentì apostrofare. Era suo padre. Il giovane si voltò verso di lui, non sembrava ubriaco. Annuì e il padre non disse altro. Si allontanò e, poco dopo, il giovane lo raggiunse al tavolo della cucina. «Non so se resterò.»
Il padre fece un cenno di assenso, come a dire “ho capito, non importa”.
«Come te la cavi?» chiese il giovane.
«Come sempre, dopo tua madre.»
Il giovane capì cosa intendeva, ma soppesò che, prima della sua partenza, non ricordava una mattina in cui, al risveglio, non avesse trovato il padre incosciente, riverso sul letto, grondante alcool. Qualcosa doveva essere cambiato, nonostante tutto.
Mangiarono insieme, una colazione frugale, poi il padre si preparò a uscire.
«Ti troverò al mio ritorno?» chiese prima di andarsene.
Il giovane assentì e il padre tossì un “bene”. Sì, decise il giovane, si sarebbe trattenuto per un po’.
Rimasto solo sistemò i resti della colazione e poi si occupò della casa a lungo trascurata: notò che una delle imposte si stava per scardinare, l’aggiustò, e poi tolse le erbacce. Con uno strofinaccio e un po’ acqua si dedicò alla sua stanza, dopo aver spalancato tutte le finestre, come avrebbe fatto sua madre. Riassettò ogni stanza, anche quella di suo padre. Era un messaggio, un ringraziamento alla casa che gli aveva offerto riparo per tanti anni, e una presa di posizione: Ora sono io a prendermi cura di me e di te.
Leggi l’ottava parte del racconto (8 dicembre)
Fiabe Moderne di Lara Marzo
Racconto tratto daLeggi le precedenti parti del racconto
Immagine in apertura di Alexander Andrews