Calendario dell’Avvento 2024
Racconto “Io mai” – Prima parte
Io mai. Esistevano altre parole per dirlo? Io mai. Mai per primo.
Era ripartito da qualche giorno e, lungo la via, non aveva incrociato che un mendicante e un cane randagio. Il mendicante gli aveva riservato uno sguardo obliquo, gli occhi socchiusi a feritoia. «Vagabondi», gli aveva sentito bofonchiare mentre ritraeva la mano lercia, per evitare qualsiasi contatto compassionevole. Il cane, intimorito dall’incontro imprevisto, aveva abbandonato la strada maestra per rifugiarsi su sentieri sconosciuti. Ci si poteva fidare di chiunque, aveva riflettuto il giovane osservando il cane sparire nel sottobosco, ma mai di un’anima errante. Portava con sé una vecchia sacca di cuoio in cui conservava i suoi unici averi e tre oggetti tra i più preziosi per lui, tre piccoli tesori.
Il viaggio aveva impolverato i suoi abiti da giovane apprendista, insozzato le scarpe di fango e stanchezza, incrostato gli scuri capelli di sudore e meraviglia.
Al suo fianco camminava l’ombra, fedele compagna del suo peregrinare: a quell’ora del giorno si ritraeva sempre un po’ e, presto, lo stomaco del giovane avrebbe iniziato a brontolare.
Ma ecco un vecchio contadino venirgli incontro, lo sguardo puntato sulla strada, tutto in lui proteso nello sforzo di tirarsi dietro un carretto da cui spuntavano un rastrello, una pala e una cassetta di frutta e verdura. «Buon uomo», domandò il giovane quando il contadino gli fu accanto. «Il prossimo villaggio è per di qua?»
Il contadino sollevò lo sguardo, sfiorò appena il viso del giovane e subito tornò a fissarsi sul terreno. Un breve cenno di assenso ed era già passato oltre. «Grazie», replicò il giovane sperando in cuor suo di poter presto riposare e dar soddisfazione al suo stomaco. Si era ormai abituato ai grandi silenzi, ai piedi doloranti e alla fame che mai si placava: niente lo spaventava più da quando una paura più grande lo aveva costretto a mettersi in viaggio per fuggire lontano. Lontano da suo padre, dal suo villaggio, dal suo lavoro, da tutto ciò che aveva imparato a conoscere, ma soprattutto lontano da lei. Il giovane si lasciò allo spalle i primi filari di uva ancora acerba, protetti da bassi muretti, molto simili a quelli su cui da piccolo si divertiva a correre, prima che qualche contadino minacciasse lui e i suoi amici costringendoli a disperdersi. Ognuno per la sua strada, così da piccoli, così da adulti.
Lungo la via scorse, poco più avanti, una coppia di anziani fermi in prossimità d’un cancelletto in legno. Lui con una cesta di vimini sulla schiena, lei con un falcetto e un cestino in mano. Il giovane li osservò discreto mentre l’uomo apriva il cancello e lasciava passare la donna, prima di richiuderselo alle spalle. La cavalleria non conosceva età o ceto sociale, pensò il giovane che, seppur fosse ormai stato elevato al rango di adulto, ancora sentiva di esserne degno solo per metà. Non bastavano i compleanni accumulati o un lavoro di apprendista, così come non erano sufficienti i primi soldi guadagnati né gli ultimi spesi: essere adulti, per lui, significava altro. Era qualcosa che ancora andava cercando, che da quando si era messo in viaggio, sentiva di aver appena intravisto. Aveva creduto più volte di averlo trovato, magari in quel villaggio o in quell’altro, in una nuova vita che gli si prospettava davanti, ma dopo poco ecco che tornava, l’inquietudine. Non poteva restare, non poteva. Io mai, si ripeteva. Mai per primo. Così ripartiva per un altro luogo, un’altra possibilità, una più tenace, una che gli facesse vincere quella gran paura di restare.
Superò le vigne e, prima di giungere in prossimità del villaggio, incrociò ancora qualche passante: nessuna anima errante, però, tutte persone il cui sguardo tradiva una destinazione già tracciata. Infine ecco le mura della cittadella: la sua prossima meta, il luogo dove avrebbe potuto riposare, prima di riprendere il viaggio.
Leggi la seconda parte del racconto (2 dicembre)
Fiabe Moderne di Lara Marzo
Racconto tratto daImmagine in apertura di Leo_Visions