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Il migliore, una storia

Paul Gyoh insegnava musica da oltre 20 anni quando i signori O’Brielly ricevettero una sua convocazione per parlare del rendimento scolastico del figlio Daniel. Seppur fossero all’inizio del nuovo anno, Paul si dichiarò preoccupato: le lezioni di musica non erano obbligatorie, Daniel aveva scelto di frequentarle, ma non si applicava e, anzi, mostrava chiari segni di insofferenza, insultando i compagni e disturbando le lezioni.
I signori O’Brielly si scusarono e spiegarono che Daniel non aveva mai mostrato particolari talenti, ma al suo quindicesimo compleanno aveva chiesto in regalo una chitarra. Gli O’Brielly avevano sperato che il figlio vi si appassionasse e nei primi tempi così era parso, con Daniel che si esercitava per ore in camera sua. Dopo qualche settimana, però, aveva smesso di suonare e si era chiuso in un ermetico mutismo.
Paul ascoltava, poi chiese loro se erano disposti ad accogliere una richiesta: per tre mesi avrebbe offerto a Daniel la possibilità di seguire una sua lezione di musica il mercoledì pomeriggio, dopo la scuola.
I signori O’Brielly si dichiarano favorevoli ma scettici, convinti che il figlio avrebbe opposto resistenza. Fu quindi inaspettata la rassegnazione con cui Daniel accettò subito la proposta.

Ogni mercoledì, al termine delle lezioni, lui e il signor Gyoh si ritrovavano nell’aula di musica senza che però Daniel toccasse la chitarra: era l’insegnante a suonare in quelle occasioni, passando da un’esecuzione all’altra.
Dopo un paio di settimane Paul passò la chitarra a Daniel assegnandogli dei piccoli esercizi da eseguire. All’inizio il ragazzo vi si applicò, ma presto da tranquillo e attento, quale si era dimostrato durante le prime lezioni, ridivenne ostile e arrogante. 
“È tutto inutile”, sbottò infine un giorno allontanando da sé la chitarra.
Paul si sporse per prenderla, la accarezzò con dolcezza e iniziò a suonare. Le dita si muovevano veloci, in armonia, sulle corde.
Daniel distolse lo sguardo borbottando: “Io non ci riuscirò mai.”
A quel punto Paul si fermò e gli restituì la chitarra.
“Devi chiarire con te stesso qual è il tuo obiettivo oppure hai ragione, sarà tutto inutile.”
Daniel, rabbuiato, guardava a braccia conserte ora la chitarra ora l’insegnante. Poi all’improvviso si alzò.
“Io voglio imparare a suonarla, ma è impossibile. Sono negato. Meglio lasciar perdere.”
Paul posò la chitarra a terra.
“Non è il tuo vero obiettivo, altrimenti saresti ancora seduto su quella sedia.”
“In che senso? Io voglio imparare, ma non ci riesco, è troppo difficile… per me.”
Paul scosse piano la testa e chiese: “Dimmi: perché vorresti imparare a suonare?”
Daniel tergiversò, disse che gli piaceva la musica, raccontò della chitarra regalatagli al suo compleanno, del campeggio dell’anno prima dove un ragazzo la sapeva suonare ed era stato emozionante immaginarsi al suo posto. Paul annuì con un sorriso comprensivo e poi ripetè la domanda.
“Ma l’ho appena detto!” Si stizzì Daniel.
“Oh no, tu hai elencato una serie di motivi per cui ti piacerebbe saperla suonare, ma non perché tu la voglia imparare a suonare.”
“E che differenza fa?”
Paul allungò di nuovo la chitarra nella direzione di Daniel. Il ragazzo la fissò indeciso, ma poi l’afferrò e si risedette. Paul si chinò verso di lui poggiando i gomiti sulle ginocchia e congiungendo le mani sotto al mento.
“Ora”, disse “guardala e immagina come ti sentiresti se la sapessi già suonare. E poi dimmi: perché è importante per te saperla suonare?”
Corrucciato, Daniel distolse lo sguardo, senza sapere cosa dire. Infine, quasi in un sussurro, rivelò: “Vorrei essere bravo in qualcosa. Vorrei essere il migliore…” Non fece in tempo a terminare la frase che Paul si riprese la chitarra e si allontanò.
“Non è un buon motivo” rispose secco. “Per oggi abbiamo concluso.”
Interdetto, Daniel rimase al suo posto finché Paul non lo invitò a lasciare l’aula e a tornare a casa.

Il mercoledì successivo era appena suonata l’ultima campanella, quando Daniel si ritrovò accanto l’insegnante, nel corridoio affollato di studenti.
“Allora”, gli chiese Paul. “Ci hai pensato?”
Il ragazzo lo guardò senza capire, poi replicò: “Lo sa anche lei, è inutile che prosegua. Non ho alcuna possibilità di imparare a suonare bene. Avrebbe dovuto dirmelo subito.”
“Dirti cosa?” 
“Che non sono bravo, che è una perdita di tempo.”
“Intendi dire che imparare è una perdita di tempo?”
Daniel scrollò le spalle: “No, non imparare, ma qui non si tratta di imparare qualche data o un’equazione. In quello posso anche impegnarmi per superare l’esame finale, non cambia niente. So di non essere un genio, che mi importa se sono come tutti gli altri?”
“Mentre con la chitarra vorresti distinguerti?”
Daniel annuì quasi impercettibilmente.
“E se non puoi distinguerti, allora non ne vale la pena?” Non lasciò a Daniel il tempo di rispondere. “Ora capisco”, sentenziò voltandosi. “Ti aspetto tra mezz’ora per la nostra lezione.”
“Ma io credevo…” obiettò Daniel.
“Tra mezz’ora, niente ritardi.”
Quando si ritrovarono nell’aula di musica, Paul indicò a Daniel la chitarra poggiata a terra. Non appena il ragazzo si sedette, l’insegnate prese posto sulla sedia di fronte. Quel giorno trascorsero la lezione a provare e riprovare gli stessi brani e passaggi.
Alla fine dell’ora, prima che Daniel se ne andasse, Paul gli chiese: “Oggi cosa hai imparato?”
“In che senso?”
“Con la chitarra.”
“Ah! Beh immagino un esercizio.”
“Sì, e poi?”
Daniel fece spallucce.
“Le hai sentite le dita, le note? Il movimento delle dita sulle corde?”
“Sì… ma ci ho messo una vita a imparare quel semplice esercizio.”
“Non tutta una vita, un pezzetto di vita.”
“Vabbè, è uguale, ha capito cosa voglio dire.”
Paul gli sorrise: “Oh certo, io ho capito, ma tu hai capito di cosa sto parlando io?”
Daniel lo guardò confuso e allora Paul spiegò: “Tu oggi hai creato. Un semplice esercizio ripetuto e ripetuto ti ha mostrato qualcosa di te, ma te ne puoi accorgere solo se rimani concentrato sull’obiettivo, quello giusto.”
“Ok, però tanto non cambia molto… sarò sempre mediocre.”
“Dipende, oggi hai imparato qualcosa che ieri non sapevi fare. Oggi le tue dita hanno incontrato la chitarra in un modo diverso rispetto a ieri, a una settimana o a un mese fa. Oggi quelle note che prima non uscivano, sono infine uscite e le hai create tu, insieme alla chitarra. C’è stato un incontro oggi, io non lo sottovaluterei.”
“Ma che importanza ha? Io vorrei essere bravo, vorrei gli applausi, i like di tutti.”
“Sei sicuro di voler davvero questo?” Paul non attese la risposta e lo congedò.

Nonostante Daniel rimanesse scettico continuò le lezioni e tre mesi dopo si tenne l’ultima.
Daniel era migliorato molto, si applicava quotidianamente negli esercizi e riusciva a suonare qualche semplice brano.
L’ultimo giorno Daniel ringraziò l’insegnante e gli chiese se, di tanto in tanto, avrebbe ancora potuto prendere lezioni private. Paul acconsentì e poi, prima di salutarsi, gli domandò: “Allora, hai capito qual è il tuo obiettivo, il motivo per cui vuoi saper suonare la chitarra?”
Daniel abbozzò un sorriso: “Perché ora riesco a fare qualcosa che tre mesi fa mi pareva impossibile, e mi piace.”
Paul ricambiò il sorriso: “Quindi non vuoi più diventare il migliore?”
Daniel rise scrollando la testa: “Non lo sono già a modo mio? Lei una volta mi ha detto che paragonarmi a qualcun altro non ha senso: quello che imparo è mio, fa parte di me. E ora so che mi piace come mi fa sentire.”
Paul annuì soddisfatto, poi raccolse gli spartiti sparsi sulla cattedra, li ripose nella cartella di pelle marrone e seguì Daniel fuori dall’aula.
“Proprio così Daniel” dichiarò ancora prima che si dividessero nel cortile della scuola. “Ora quello che hai imparato e quello che ancora imparerai fa parte di te. Ed è anche grazie a questo se oggi puoi essere un po’ più te stesso e un po’ meno chi gli altri vorrebbero tu fossi.”
Si salutarono, Daniel osservò l’insegnante allontanarsi verso il parcheggio delle auto, poi raggiunse la sua bicicletta nella rastrelliera e la liberò dalla catena. Non era sicuro di aver colto completamente il senso di quel discorso, ma una cosa ora la sapeva: se anche ci avesse dovuto mettere un po’ di tempo, alla fine avrebbe capito. 
Daniel salì sulla bicicletta e uscì dal cortile della scuola.
Lui non era né migliore né peggiore di qualcun altro, lui era soltanto se stesso. 
Continuò a pedalare veloce verso casa.
Ed era in quello che sarebbe diventato bravo, davvero bravo. 
Il migliore.

Lara Marzo

Libri dell’autrice

Immagine in apertura di Adhy Setya

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Tag: , Last modified: 2 Settembre 2024