Se ci segui da un po’ concorderai sul fatto che siamo una banda di ciarlatani specializzata in improvvise e ripetute sparizioni nel nulla.
Conserviamo le nostre migliori (suppergiù) idee in un cassetto blindato e quando finalmente ci decidiamo a tirarle fuori un pensiero ci assale: qualcuno ne avrà già scritto e sicuramente meglio di quanto potremo mai fare noi. Così richiudiamo il cassetto e buona notte, chi s’è visto s’è visto.
Te lo garantiamo è un approccio molto produttivo che porta lontano chiunque lo adotti!
Qualunque scrittore alle prime armi sa quanto sia elettrizzante sentir nascere una nuova idea, prenderla in braccio e cullarla nella speranza che cresca forte e sana.
È tutto nella nostra testa e finché rimane lì ci sembra l’idea più bella del mondo, quella che nessuno prima di noi ha avuto e che ci renderà grandi scrittori. Poi però arriva il momento di metterla nero su bianco, di darle “consistenza” ed ecco che spesso iniziano i problemi. Dubbi, paure, blocchi… e se in realtà fosse un’idea stupida? E se non fossimo in grado di esprimerla al meglio?
Ti sei mai sentito così?
Tranquillo, non siamo qui per dirti che non ne hai motivo, che dentro di te si nasconde un potenziale inespresso (di sicuro lo avrai già letto da qualche parte e non ci avrai creduto), ma per ricordarti che ogni idea, e ogni persona che ne partorisce una, passa un periodo “iniziatico” atto a testarne la capacità di sopravvivenza. È il suo crash test e tu sei il collaudatore: devi permettere alla tua idea di trovare la SUA strada.
Anche se pare una riflessione buttata lì a caso, in realtà ci è sorta dopo aver letto questo interessante articolo in cui si parla del Bibliometro, biblioteche sotterranee installate nelle maggiori stazioni metropolitane di Madrid.
Non solo, si paventava l’idea di riprodurre lo stesso esperimento nelle nostre stazioni ferroviarie e, curiosando in rete, abbiamo scoperto che nel 2010 a Bogotà si erano portati avanti installando piccole biblioteche alle fermate degli autobus.
Che dire? Si parla di portare i libri alla gente in un momento in cui la gente i libri sembra scansarli come la peste (l’ultimo rapporto Istat sulla lettura in Italia registra percentuali di lettura parecchio scoraggianti) quindi, leggendo la notizia, come non avremmo potuto esclamare: “Ma che figata!”
Da pendolari incalliti quali siamo già vedevamo il nostro bel Bibliotreno soddisfare (almeno in parte) la nostra insaziabile sete di libri. Vedevamo bambini tirare per la manica i genitori all’ordine perentorio: “Mamma, mi annoio, voglio leggere un libro!” Vedevamo i ciondolanti habitué della stazione sdraiati su qualche panchina, totalmente immersi nella lettura e dimentichi di noi scorbutici e avari viaggiatori.
Vedevamo… e poi abbiamo visto libri non restituiti, libri rovinati, poveri libri tremanti in balia di bruti sfruttatori. Abbiamo visto il Bibliotreno preso a calci e pugni da qualche giovanotto frustrato, imbrattato (non da noi, lo giuriamo!) e il nostro sguardo sognante si è trasformato in un sorriso amaro.
Sì, certo, ci siamo detti, l’avranno pur fatto a Madrid e a Bogotà, ma qui in Italia… cosa crediamo di poter fare? Se anche solo osassimo, nel giro di qualche giorno vedremmo ogni nostro sogno infranto e forse ci sentiremmo pure colpevoli per la sorte toccata a degli innocenti libri.
Leggendo qua e là e condividendo la notizia con amici e conoscenti, abbiamo notato un pensiero comune: tendiamo ad attribuire ad altri popoli (in particolare agli scandinavi) un grado di civiltà a noi italiani apparentemente sconosciuto. Così il ritornello che si sente è: “Bella idea! Geniale! Peccato che qui in Italia non si possa fare.. magari in (un paese a scelta tra quelli nordici) si potrebbe fare, se non l’hanno già fatto.”
Dopo esserci dapprima uniti ai cori disfattisti, ci siamo in seguito chiesti: dove si avrebbe maggior bisogno di interventi a sostegno della cultura? In un paese che già se ne prende cura e si vede dalla mentalità che gli attribuiamo? Forse un paese del genere ne ha meno bisogno di uno come il nostro in cui sembra che un’orda di barbari sia sempre in attesa di una buona idea da fare a pezzi.
Probabilmente alle nostre giunte comunali o regionali un’iniziativa del genere non sarà mai neanche passata per la testa, del resto viviamo un periodo di crisi, ci sono cose più importanti di cui occuparsi… ci sono sempre cose più importanti di cui occuparsi quando manca una visione e il coraggio di realizzarla.
Nell’era del digitale, dell’avvento degli ebook, i libri di carta tornano come simbolo di un’idea nuova e originale, un’idea che nasce e vuole farsi strada: incontrare la gente nei posti in cui la gente si trova ogni giorno.
Per fortuna qualcuno ancora crede a queste idee e prova a realizzarle, a Madrid come a Bogotà, e un giorno speriamo anche qui in Italia. In barba a un’inciviltà che alle volte ci attribuiamo un po’ troppo gratuitamente, in barba ai conti in rosso che atrofizzano la cultura perché chi li avrebbe dovuti gestire di cultura ne aveva ben poca.
I libri non salveranno il mondo, va bene, ma un buon libro può salvare un viaggiatore annoiato e, per come vanno i trasporti di questi tempi, sappiamo bene quanto possa esser salutare!
Forse in quanto storico popolo di inventori dovremmo imparare ad avere più fiducia nella nostra capacità di accogliere e valorizzare idee nuove e originali, sia nel privato che nel pubblico. Ci sono troppi cassetti blindati nelle nostre teste, è ora di fargli prendere un po’ d’aria e di stare a guardare quello che succede.
Del resto ci sarà sempre qualcuno che criticherà, rovinerà o distruggerà il tentativo di qualcun altro di creare, collaborare e migliorare, ogni nuova idea incontra resistenze e ostacoli lungo il suo cammino, ma se gli impediamo di percorrerlo per troppo realismo o semplice disfattismo chi ci perderà veramente?
Bellissimo questo articolo! Non dovremmo mai rassegnarci all’inciviltà dilagante. Del resto se per alcuni incivili smettiamo di fare cultura, domani gli incivili saranno di più e da questo circolo vizioso si può uscire solo invertendo la rotta! Certo che vedendo come sono conciati i treni in questo periodo e i fondi destinati alle attività culturali viene da chiedersi perché non si fa ancora niente per cambiare le cose!
Siamo perfettamente d’accordo con te, Romina: è un circolo vizioso. In particolare perché si tende a dare sempre priorità ai soldi non in quanto mezzo ma fine.
Potrà anche apparire utopistico volersi ribellare a questo schema, ma dato che oggi i suoi effetti sono sotto gli occhi di tutti, ci stiamo finalmente rendendo conto di quanto sia dannoso.
Sembra che le istituzioni non sappiano più cosa sia il “bene comune” e soprattutto ritengano superfluo qualunque intervento volto al miglioramento della qualità della vita di noi cittadini: lo si vede nei tagli alla cultura come nello stato in cui versano i treni regionali.
La vera cultura porta l’individuo a maturare una maggiore consapevolezza di se stesso e degli altri, quindi pensiamo che dovremmo iniziare a darci tutti quanti una possibilità, soprattutto in quanto popolo. Ci dipingiamo come dei falliti e purtroppo non facciamo che alimentare questa visione anche all’esterno: i buoni esempi non devono essere eccezioni, dobbiamo avere il coraggio di uscire alla scoperto e credere nelle nostre qualità non solo in quanto individui, ma anche in quanto italiani.
Grazie per il commento Romina!
Un saluto 🙂
Fino a quando si continua a pensare che siano gli altri a dover cambiare le cose, nulla cambierà mai. Sicuramente servono più esempi positivi e meno modelli televisivi e simili. Lamentarci di ciò che siamo non servirà ad altro che a gettare fango sulla nostra immagine come popolo. E pensare che siamo la patria dei più grandi letterati del mondo… perché di questo non parla quasi mai nessuno?
Forse uno dei problemi maggiori è che siamo troppo ancorati a un passato che non riconosciamo nel presente e questo un po’ ci avvilisce. Per fortuna, però, gli esempi positivi ci sono e soprattutto ognuno di noi può esserlo nel suo piccolo. Forse non ne parleranno al tg, ma l’energia è contagiosa ed ha solo bisogno di tempo per diffondersi.
Vi ringrazio molto per questa riflessione e non posso che essere d’accordo con voi. Il tono del mio articolo, che avete qui citato, era disilluso per anni di lavoro presso quelle Pubbliche Amministrazioni che di biblioteche e libri si occupano e che, come sappiamo, nei momenti di crisi sono i primi a subire tagli. Ma molto si può chiedere, proporre e fare. E io non mi tiro certo in dietro. Magari, tra non molto, qualche blogger madrileno parlerà di una meravigliosa biblioteca ferroviaria italiana.
Ciao Pendolante, grazie per il messaggio. 🙂 Purtroppo la disillusione è un sentimento comune perché è difficile non vedere quanto poco lungimiranti siano le alte sfere (pubbliche e non). Però post come il tuo sono già di per loro un invito a non arrendersi a quelle logiche quindi ben vengano le nuove idee e, soprattutto, continuiamo a parlarne. Un giorno, speriamo non troppo lontano, gli italiani saranno di nuovo citati all’estero per la loro inventiva creativa e non per altre meno brillanti iniziative.
[…] per pendolari installate nelle metropolitane madrilene. Ho scoperto da poco, grazie al blog Imbrattacarte, che anche a Bogotà, nel 2010, hanno installato piccole biblioteche alle fermate degli autobus. […]