I consigli trovano il tempo che trovano, eppure sembra che non se ne possa fare a meno, soprattutto di chiederne. Anche nella scrittura, le parole degli “arrivati”, degli autori che “sanno come si scrive” (e le loro opere ne sono la miglior prova) possono offrire nuovi spunti di riflessione ai neofiti.
Il Guardian si è preso la briga di chiedere a un gruppetto di scrittori quali fossero, secondo loro, le 10 regole per scrivere della buona narrativa.
Ne abbiamo scelte alcune e te le proponiamo qui di seguito. Chissà che qualcuna non ti ispiri o sciolga un nodo che ti tormentava.
JONATHAN FRANZEN
Write in the third person unless a really distinctive first-person voice offers itself irresistibly.
Traduzione:
Scrivi in terza persona a meno che ti si offra una voce in prima persona veramente particolare.
Leggi tutte le regole di J. Franzen
ZADIE SMITH
Protect the time and space in which you write. Keep everybody away from it, even the people who are most important to you.
Traduzione:
Proteggi il tempo e lo spazio in cui scrivi. Tieni tutti lontani, anche le persone per te più importanti.
Leggi tutte le regole di Z. Smith
PD JAMES
Open your mind to new experiences, particularly to the study of other people. Nothing that happens to a writer – however happy, however tragic – is ever wasted.
Traduzione:
Apri la mente a nuove esperienze, in particolare allo studio degli altri. Niente che succeda a uno scrittore – che sia felice o tragico – va mai perso.
Leggi tutte le regole di PD James
NEIL GAIMAN
Remember: when people tell you something’s wrong or doesn’t work for them, they are almost always right. When they tell you exactly what they think is wrong and how to fix it, they are almost always wrong.
Traduzione:
Ricorda: quando le persone ti dicono che c’è qualcosa di sbagliato o che non funziona nel tuo lavoro, hanno quasi sempre ragione. Quando ti dicono esattamente cosa pensano sia sbagliato e come correggerlo, hanno quasi sempre torto.
Leggi tutte le regole di N. Gaiman
SARA WATERS
Respect your characters, even the minor ones. In art, as in life, everyone is the hero of their own particular story; it is worth thinking about what your minor characters’ stories are, even though they may intersect only slightly with your protagonist’s.
Traduzione:
Rispetta i tuoi personaggi, anche i minori. Nell’arte, come nella vita, ognuno è l’eroe della sua storia; è importante pensare alle storie dei personaggi minori, anche se incrociano solo leggermente quella del protagonista.
Leggi tutte le regole di S. Waters
JANETTE WINTERSON
Be ambitious for the work and not for the reward.
Traduzione:
Sii ambizioso per il lavoro e non per la ricompensa.
Leggi tutte le regole di J. Winterson
Sono d’accordo con tutti, tranne che con Gaiman: molto dipende da chi arriva la critica!
Sì, vero, diciamo che ogni critica smuove qualcosa dentro di noi… e se non serve ad altro almeno ci fa riflettere sul nostro operato.
Interessante! Ogni tanto anch’io riporto consigli di scrittura di qualche autore famoso
In effetti i “mostri sacri” della letteratura hanno sempre qualcosa di interessante da dirci. 😉
Salve Imbrattacarte!
Ho riflettuto sulla scrittura ultimamente. Va bè che ci rifletto spesso, ma stavolta mi sono posto anche un obiettivo.
Ho sentito spesso, e ho avuto modo di constatare che la qualità di un libro e dunque dello scrittore dipende da quanto bene egli riesce a trasmettere le emozioni in modo da suscitare empatia nei lettori.
E’ questo il punto. Essendo uno scrittore in erba, ed erba alta per giunta, non ho ancora imparato bene quest’arte. Volevo dunque chiedere a voi se ci sono dei modi, se avete dei consigli sul come trasmettere le emozioni su carta in modo che tocchino il lettore. Di certo non è semplice perchè sennò tutti gli scrittori sarebbero bravi, ma potete per favore darmi qualche dritta? Apprezzo il vostro aiuto e attendo una risposta al più presto possibile 🙂
Saluti,
Alberto
Ciao Alberto,
hai toccato un tasto dolentissimo per qualunque scrittore! 😛 La parte emozionale di un romanzo è fondamentale, perlomeno lo è spesso se non proprio sempre, dato che si cattura un lettore principalmente attraverso le emozioni che la storia suscita in lui.
Regole precise non ci sono, ma di solito siamo capaci di infondere vita ai nostri personaggi e alle loro azioni se in primis le abbiamo vissute noi (o siamo in grado di viverle attraverso l’immaginazione). Per farti un esempio: vuoi raccontare di un’aggressione subita da un tuo personaggio e grazie al cielo tu in prima persona non ne sei mai stato vittima, ma se ti prendi un attimo e provi ad immaginarti di ritorno a casa, in una strada buia, cammini veloce quando senti dei passi dietro di te… cosa provi? Cosa fai? Usare l’immaginazione può essere di grande aiuto per emozioni che sono universali come la paura, la sofferenza, la sorpresa…
Se riesci a provare tu stesso l’emozione puoi, in seconda battuta, riprodurla a parole. Prediligi la narrazione per immagini quando ti è possibile perché un’emozione “raccontata” è meno incisiva. Nel nostro caso non limitarti a dire che il tuo personaggio ha paura perché teme di essere aggredito e quindi inizia a correre più veloce del vento. Puoi usare metafore, mostrare quello che avviene dentro e fuori di lui: per esempio se teme che sia un ladro a seguirlo potrebbe stringere a sé la borsa, accellerare il passo e provare l’angosciosa impressione che il tragitto verso casa si sia all’improvviso allungato, come se la strada facesse attrito con le suole delle sue scarpe e lo rallentasse… chiaro?
Più complicato affrontare un’emozione come l’amore perché è facile cadere nei cliché, ma anche qui vale l’esperienza del sentimento, le piccole cose piuttosto che i gesti eclatanti.
Inoltre, considera sempre che mentre scrivi tu stesso dovresti provare le emozioni che vuoi trasmettere (in formato ridotto), se riesci a “sentirle” allora è probabile che anche la tua scrittura le trasmetta. Se tu per primo non le provi è un chiaro segnale di allarme.
Speriamo di esserti stati utili. 😉
A presto e buona scrittura!
Grazie per la risposta 🙂
Ovviamente potevo immaginare che per riprodurre un’emozione, bisogna prima “sentirla” o anche solo immaginarla.
Ci sono però alcune emozioni che non si possono immaginare senza prima viverle in prima persona: ad esempio la morte di una persona cara, che spesso figura nei libri. E’ impossibile sapere cosa si prova nel perdere qualcuno, se non accade in prima persona. Certamente si può tentare di immaginarlo, usando il buonsenso…ma ciò sarà ben lontano dall’autentica esperienza.
In questi casi posso solo tentare di riprodurre il sentimento e i pensieri a esso legato, ma non riuscirò a rendere al massimo.
Ciao Alberto,
è vero che alcune emozioni sono più facilmente immaginabili rispetto ad altre, ma in ogni caso il processo rimane lo stesso. L’esperienza della vita ti può aiutare a sviluppare le associazioni tra eventi ed emozioni: le reazioni al dolore così come alla gioia sono innumerevoli e le possiamo osservare ogni giorno sia in noi stessi che negli altri. L’unico consiglio davvero utile che ti possiamo dare se fai fatica a immedesimarti in alcune emozioni è di affinare la tua capacità di osservazione e ogni volta chiederti: cosa proverei nel caso succedesse a me quella cosa? Forse la prima volta la tua risposta sarà “boh”, forse la seconda volta diventerà un “mah…” e magari la terza volta si trasformerà in un “penso che mi sentirei…”
Ci rendiamo conto che è un discorso che lascia molte domande in sospeso, ma le emozioni richiedono per natura di essere provate per essere capite. Non ci sono discorsi teorici che valgano.
Un’ultima cosa: non è sempre necessario mostrare i sentimenti di un personaggio mentre li prova, al contrario ci sono emozioni forti che possono essere presentate attraverso i gesti e le reazioni che il personaggio attuerà durante lo sviluppo della storia.
Ad esempio, riprendendo l’emozione del perdere una persona cara, un personaggio potrebbe non mostrare nulla di primo acchito, rivelando poi man mano un crescente disinteresse nei confronti della quotidianità o manifestando ostilità attraverso risposte secche e sgarbate o ancora tramite il ripiegamento in un silenzio ostinato… dipenderà dal carattere del soggetto, ma le possibilità sono pressoché infinite.
I consigli riportati qui sopra sono stati utilissimi; però quello di Jonathan Franzen mi ha fatto riflettere e allo stesso tempo mi ha messo il dubbio: io pensavo che scrivendo in prima persona fosse più facile esprimere i sentimenti del personaggio e immedesimarsi in esso, come mai allora questo consiglio?
Ps: grazie per averli tradotti!
In realtà parecchi autori mettono in guardia dall’uso della prima persona, perlomeno quando si è ancora inesperti, perché si corrono alcuni rischi:
1) far raccontare al personaggio ciò che capita o quello che prova a scapito del famoso “show, don’t tell” ovvero del mostrare le scene e le emozioni attraverso le immagini
2) imporgli una voce stereotipata, non personale o non adatta a lui (ad esempio far parlare un protagonista adolescente come un quarantenne professore universitario)
3) impoverire la storia dato che viene raccontata da un personaggio che conosce solo ciò che sperimenta lui stesso (su questo punto è molto importante ricordarsi sempre quello che il personaggio sa e quello che non può sapere per evitare scivoloni di onniscienza!)
Se si tiene conto di questi rischi, comunque, si può sperimentare l’uso della prima persona anche per il primo romanzo.
Speriamo di aver fugato i tuoi dubbi Giulia, altrimenti… siamo qui! A presto 😉
Grazie dei consigli molto utili.