Brutta bestia una profezia autoavverante quando non siamo padroni dei nostri pensieri e delle emozioni.
Ma sarà poi vero che basta credere in qualcosa per farlo avverare? Bè, non proprio altrimenti saremmo già tutti sposati con l’uomo/la donna dei nostri sogni e avremmo scritto uno dei best seller del secolo!
In realtà si parla di profezia autoavverante quando una nostra credenza si realizza perché a priori ci siamo comportati come se già fosse vera.
Negli ultimi anni si è preferito darle un nuovo nome, legge di attrazione, che oggi sembra andare tanto di moda, ma in realtà è un’idea che in sociologia e psicologia circola da parecchio ed è anche facilmente spiegabile:
le nostre aspettative (soprattutto inconsce) su un particolare risultato, modificano (sempre inconsciamente) il nostro comportamento e così facendo modellano il modo in cui gli altri ci percepiscono. Di conseguenza ci forniranno la risposta che (inconsciamente) ci aspettavamo e la nostra credenza originaria viene rafforzata.
In poche parole? Ti piace una persona, ma anche se vorresti tanto ricambiasse il tuo interesse dentro di te sei convinto che ti rifiuterà. Ti capita l’occasione di conoscerla e guidato dalla credenza di non poterle piacere non le rivolgi quasi la parola, concentri tutta la tua attenzione su altre cose o persone e alla fine… lui o lei fa esattamente quello che ti aspettavi: se ne va senza degnarti di uno sguardo.
Non sapremo mai se potevi piacerle o meno perché hai fatto in modo di non piacerle.
Ora, questo succede anche nella scrittura. Possiamo scrivere e riporre diligentemente le nostre storie nel cassetto in attesa del momento propizio per mostrarle al mondo, oppure possiamo raccogliere il coraggio e decidere di proporle a un editore (o di autopubblicarle).
In entrambi i casi potremmo però essere affetti da una forma di sfiducia cronica da condannare le nostre storie all’oblio. Potremmo infatti tenerle segregate nel cassetto per sempre oppure non valorizzarle quanto meritano e vederci recapitare una gentile quanto fredda lettera di rifiuto (nel caso dell’autopubblicazione non potremmo che ricevere indifferenza, come del resto ci aspettavamo…).
Il punto è: se non credo nella mia storia (racconto o romanzo che sia), chi ci crederà? Se non mostro di crederci io per primo, che tipo di emozioni susciterò negli altri?
Come scrive Carolyn Kaufman nel suo articolo Using Self-Fulfilling Prophecies to Your Advantage: “Nonostante molti scrittori siano creature solitarie, siamo suscettibili alla profezia autoavverante come chiunque altro. I nostri comportamenti verso gli altri condizionano i loro comportamenti verso di noi.”
Kaufman porta l’esempio delle lettere di presentazione, molto spesso sottovalutate.
Parecchi scrittori mostrano in queste lettere sentimenti e credenze nei confronti delle loro opere che mai penserebbero di condividere.
Se hai fiducia nel tuo progetto e credi nella sua forza, probabilmente scriverai una lettera incisiva, che trasmette quello che provi.
Al contrario, se sei insicuro sul tuo progetto e i suoi meriti, potresti avere problemi a scrivere una lettera positiva e coinvolgente. Ogni rifiuto che riceverai minerà la tua risolutezza e passerai molto tempo preoccupandoti di cosa c’è di sbagliato nella tua storia invece di lottare per realizzare il tuo progetto.
Carolyn Kaufman
Lo stesso principio si applica nel caso dell’autopubblicazione (n.b non editoria a pagamento) dove ti devi far carico della promozione del tuo libro. Devi credere nella tua storia, essere convinto che qualcuno ha bisogno di leggerla perché la amerà, perché la troverà utile. L’entusiasmo, si sa, è contagioso.
Attenzione però: parliamo di fiducia, non di essere ciechi e arroganti, incapaci di accettare critiche o pareri contrari.
Se si ha fiducia nel proprio lavoro, non si ha paura di scoprire e accettare che può essere migliorato. Al contrario, di solito dietro un eccesso di sicurezza si nasconde l’incapacità di sapersi mettere in gioco.
Come ci ricorda Kaufman: “Umiltà e volontà di imparare di solito portano molto lontano. Fortunatamente, fiducia e umiltà possono camminare insieme.”
Mettiamo quindi al bando le credenze autosvalutanti e rimbocchiamoci le maniche: possiamo far lavorare la profezia autoavverante al nostro servizio, bello no? 😉
Fonte: Using Self-Fulfilling Prophecies to Your Advantage di Carolyn Kaufman
Ah, le credenze auto-svalutanti! Praticamente sono parte di me…
Eppure una cara blogger che ho conosciuto in rete ha scritto un intero libro sulla legge di attrazione e io l’ho anche letto! Niente da fare, sono una testa dura…
Qua ci sono alcuni suoi post sulla “Legge di attrazione”: http://ilrifugiodeicalzinispaiati.blogspot.it/search/label/Legge%20di%20attrazione
Ciao Romina,
già, una brutta bestia, soprattutto per noi scrittori!
La buona vecchia legge di attrazione, la conosco bene, ma penso che spesso sia fraintesa perché sembra puntare tutto o quasi sui pensieri tralasciando l’importanza della nostra parte inconscia.
In realtà, se pensieri ed emozioni seguono direzioni opposte, possiamo anche continuare a ripeterci all’infinito che siamo bravi scrittori e vogliamo essere pubblicati, ma non ne ricaveremo niente. Il problema è che uno dà per scontato di voler avere successo, ma ahimè non sempre è così.
Ti ringrazio per il link, ho letto alcuni post e sono interessanti perché offrono una prospettiva diversa da cui guardare le cose.
A presto!
Lara