Mamma: “Perché non butti quei vecchi jeans? Sono logori ormai!”
Io: “Sono bellissimi, rimangono con me.”
Mamma: “Sono terribili! Buttali per l’amor del cielo! Perché non lo fai?”
Io: “Non posso Mà. Quando li indosso sono felice.”
Questi sono tempi di crisi, così dicono. Crisi economica, finanziaria, personale e familiare. Dovunque si guardi la realtà è ridotta a un colabrodo. Tutto ci appare instabile e anche le vecchie certezze ci dicono addio agitando tristemente la mano.
Com’è potuto accadere? Si parla da anni di “crisi” e oggi persino l’aria che respiriamo sembra portarne l’odore.
Dicono che non c’è lavoro, che non ci sono soldi, che alcuni mangiano troppo e così altri muoiono di fame. Dicono che la natura si sta ribellando, dicono che bisogna cambiare mentalità, dicono che basta qualche sacrificio e torneremo a cavalcare le onde dello sviluppo.
Ok, fermiamoci. Troppi “dicono” e mi gira la testa. Perché allora continuare a parlarne aggiungendo ulteriore rumore al frastuono che già ci assorda? Per 3 motivi che ora vi spiego.
Il primo: perché la parola “crisi” mi piace. Etimolgicamente parlando, ma non solo.
Il secondo: perché oggi mi hanno segnalato un video che gira da qualche tempo in rete.
Il terzo: perché emergono nuovi punti di vista che chiedono voce e spazio.
In primis ci fu la “crisi”, parola che deriva dal greco [krisis] e significa “scelta, decisione, fase decisiva di una malattia”[1. Definizione di “crisi” – Treccani].
Poi, arrivò il video dell’intervento del Presidente dell’Uruguay, Josè Pepe Mujica, al G20 in Brasile (giugno 2012):
Infine, ecco il punto di vista espresso da una mia cara amica:
Stiamo fallendo in generale, su moltissimi fronti, ed è sempre più comodo dare la colpa ad altri che guardare dentro di sé.
Avete visto il video? Se la risposta è no prendetevi 10 minuti e guardatelo (oppure leggete la trascrizione in italiano o in spagnolo). È importante averlo visto altrimenti non si comprende il perché abbia suscitato reazioni opposte. Ad esempio, ho letto un’interessante discussione in merito (post e commenti al post).
Il discorso di Josè Pepe Mujica ad alcuni potrebbe apparire semplicistico, utopico, irrealizzabile, ma io vedo quell’uomo parlare davanti ai potenti della Terra, ne ascolto le parole e provo commozione. Cosa significa? Che tutti quelli come me che si sono sentiti “rappresentati” da quel discorso sono degli inguaribili emotivi? Bè, forse sì ;), ma il punto è un altro: qualcosa dentro di me ha risposto a quelle parole. Così come è capitato a chi mi ha consigliato di vederlo e a molti altri che hanno apprezzato o commentato l’intervento.
Josè Pepe Mujica dà voce a un sentimento (speranza, aspirazione?) comune che non si scontra con la realtà dei fatti perché irrealizzabile, quanto perché per realizzarlo è prima di tutto richiesto un cambio di mentalità, di prospettiva.
Quello che definiamo oggi “sviluppo” è un tipo di crescita che affonda le radici nella competitività e nella concorrenza. Di per loro competitività e concorrenza non sarebbero negative, ma purtroppo vengono usate a scapito di qualunque altro approccio, in particolare di quello collaborativo.
Siamo indotti a credere che la felicità sia qualcosa che possiamo arraffare solo là fuori se siamo abbastanza furbi, fortunati, ricchi, in gamba. E se non lo siamo… pazienza, poveri noi.
Se così fosse aveva davvero ragione Hobbes quando affermava Homo homini lupus (l’uomo è un lupo per l’uomo) e in questo caso… si salvi chi può! Ma se non fosse così? Se al contrario avessero ragione Seneca e Gandhi?
Povero non è chi possiede poco, veramente povero è chi necessita di infinitamente tanto.
Seneca
Ce n’è per tutti, ma non per l’avidità di alcuni.
Gandhi
Non si tratta di emettere giudizi morali su cosa sia giusto e cosa sbagliato, ma di provare a guardarci veramente, onestamente dentro senza la paura di scorgerci lo stesso vuoto che percepiamo all’esterno, subito dopo che l’ennesimo acquisto si è ricoperto di polvere.
Siamo vuoti quando ci definiamo attraverso ruoli.
Siamo vuoti quando reagiamo agli altri e alla vita.
Siamo vuoti quando il silenzio e la solitudine ci fanno paura.
Vuoti di accettazione, amore e consapevolezza. Abbiamo paura di non essere “qualcuno” perché non ci permettiamo di essere noi stessi.
Anche queste sono “belle parole”, lo so, ma se queste parole, quelle del Presidente Mujica o quelle di Seneca e Gandhi muovono qualcosa dentro di voi (che sia tristezza, rabbia, amarezza, speranza o commozione) allora significa che sono vive e se sono vive allora sono potenti (ovvero “possono”, sono in grado di realizzare qualcosa).
Il Presidente Mujica nel suo discorso ha detto:
Perché non veniamo sul pianeta per svilupparci in termini generali, veniamo alla vita cercando di essere felici.
Perché la vita è breve e se ne va. E nessun bene vale quanto la vita, questo è elementare.[…]
Lo sviluppo non può essere contro la felicità, deve essere a favore della felicità umana, dell’amore, della Terra, delle relazioni umane, del prendersi cura dei figli, dell’avere amici, dell’avere ciò che è fondamentale.
Perché è questo il tesoro più importante che abbiamo. Quando lottiamo per l’ambiente, il primo elemento dell’ambiente si chiama: la felicità umana.
Forse siamo troppo abituati alla realtà quotidiana, ai fallimenti delle varie correnti di pensiero per farci ancora delle illusioni. Io stessa guardando il video mi sono chiesta: “Senza mettere in dubbio l’onestà di quest’uomo, guardiamo in faccia la realtà: quanti ce ne sono come lui? Il prossimo presidente dell’Uruguay la penserà e si comporterà allo stesso modo?”
È un inganno, un inganno della mente che si basa sulla solita vecchia credenza del “tanto niente cambia”. In realtà cambia tutto, anche noi in ogni istante. E ogni cambiamento esterno parte sempre da uno interno. Dipende tutto da chi decidiamo di essere o meglio da chi ci permettiamo di essere.
Dipende dai pensieri e dalle emozioni che coltiviamo. Dipende dalle nostre abitudini e dal tipo di relazioni che instauriamo con noi stessi e con gli altri. Dipende da come ci alziamo la mattina e ci corichiamo la sera.
Diamo per scontato che il mondo è sempre andato avanti così e sempre lo farà. Ma il mondo non è d’accordo con noi e ogni tanto ci dà una scrollata: butta giù case, allaga città, porta via auto, alberi, persone… e infine, quando si placa, nel silenzio ci chiede: “Bene, ora sai dirmi cosa è davvero importante per te?”
È doloroso tornare al centro di noi stessi, ma è l’unico posto a cui la sofferenza ci riporta sempre.