Timidezza. Quali fantasmi evoca questa parola? Quali ricordi dolorosi si affacciano alla mente digrignando i denti e fissandoci con le loro immense orbite vuote?
Chi non conosce Madama Timidezza la dipinge come una donnina schiva, di poche parole e dal facile rossore. Diversa è la descrizione che ne dà chi da anni la guarda vis-à-vis e ne sente il fiato sul collo. È onnipresente, oppressiva e decisamente mostruosa, capace di inenarrabili efferatezze.
Tiene in scacco le sue vittime ripetendo: “Ma cosa credi di fare? Chissà cosa penseranno di te quelle persone! E se fai la figura dello scemo di fronte a quella ragazza che ti piace? Di sicuro ti renderai ridicolo!”
La riconoscete? Forse con gli anni vi ha rubato tutta l’energia e la forza che pensate di non aver mai posseduto. Vi ha trattati come schiavi, marionette nelle sue sadiche mani. Vi ha spinti in un angolo durante le feste, vi ha zittiti di fronte a un desiderio rimasto inespresso, vi ha costretti ad abbassare o a distogliere lo sguardo più volte di quante il vostro cuore avrebbe voluto e ora siete qui, nuovamente di fronte a lei, a chiedervi: “Me ne libererò mai? Mi lascerà mai in pace? Potrò un giorno sentirmi come tutti gli altri? Coraggioso, determinato, capace di andare a prendermi quello che voglio? Potrò essere felice?”
Ebbene, c’è stato un tempo in cui anch’io me lo sono chiesta, non perché mi sentissi avvinta da una presenza così castrante nella mia vita, quanto perché gli altri erano convinti che io fossi così. Convinti che Madama Timidezza guidasse i miei passi, i miei sguardi, i miei silenzi. Perché doveva esserci qualcosa di sbagliato in me se non parlavo tanto quanto facevano gli altri, se non mi piacevano le stesse cose che piacevano agli altri, se ero uguale solo a me stessa.
Come può una persona normale starsene bene per conto proprio? Preferire una tranquilla serata in compagnia di un libro piuttosto che uscire in gruppo?
Lo pensavano i miei genitori, gli insegnanti, i compagni di scuola, gli amici e i conoscenti… finii per pensarlo anch’io e per chiedermi: “Perché mi sento così? Cosa c’è in me che non va?”
Cresceva l’inadeguatezza, cresceva la paura del giudizio, crescevano la tristezza e la rabbia perché, a quanto pare, ero nata difettosa.
Conoscete l’origine della parola “timidezza”? Timido deriva dal latino “timere”, la sua radice affonda quindi nel “timore”. Temere, aver paura di qualcosa. Del resto Madama Timidezza non è una che va per il sottile con i sintomi: battiti del cuore accelerati, mani sudate, gambe che tremano, paura di sbagliare, di inciampare, cadere… paura di farsi male.
Senza scomodare psicologi, medici e patologie, proviamo a guardare con onestà alla nostra storia personale e a chiederci: chi è Madama Timidezza per me? Che ruolo ha giocato nella mia vita? Cosa mi ha permesso o impedito di fare?
Di che cosa ho paura quando sono in presenza di altre persone?
Quando ero piccolo sono stato amato e accettato così come ero?
I miei talenti sono stati valorizzati?
Se quello che pensavo, sentivo e volevo è stato deriso, ignorato o calpestato… se essere me non andava bene, cosa mi sarei potuto aspettare dall’incontro con l’Altro?
Come sarei andato all’appuntamento? Fiducioso, aperto e col cuore in mano?
Avrei potuto chiedere alla ragazza che mi piaceva di ballare accettandone il rifiuto convinto che sarei sicuramente piaciuto a un’altra ragazza?
Avrei potuto dire ai miei amici: “Questa sera non esco, preferisco stare a casa a leggere”, senza sentirmi giudicato e condannato?
Non tutti di fronte a un rifiuto da bambini hanno preso la mano di Madama Timidezza, alcuni hanno chiuso i pugni e il cuore, altri sono diventati formidabili attori, altri ancora si sono adattati ai desideri di chi sapeva cosa fosse “meglio per loro”. Si sopravvive al dolore come si può. È una questione di temperamento e di possibilità, non di giusto o sbagliato.
Madama Timidezza vi ha mai mostrato il suo cuore? Forse di fronte alle decine di migliaia di manuali che promettono di vincere e sconfiggere la timidezza c’è ben poco da mostrare, meglio nascondersi bene, non far vedere da dove si è venuti.
Non so voi, ma io mi sono spesso domandata: “Perché proprio io? Perché mi è toccato in sorte un carattere introverso?” Poi un bel giorno ho capito che introversione e timidezza non sono affatto due aspetti della stessa medaglia. Purtroppo è facile confonderle in una società che le considera entrambe erbacce da estirpare perché vincitori si è solo quando non si ha paura di mostrarsi in pubblico.
Avrei potuto intitolare questo articolo “Come vincere la timidezza”, oppure “Sconfiggere la timidezza” o ancora “Capire e gestire la timidezza”, ma quanti consigli avete già letto in merito? Ve ne servono davvero degli altri? E detto francamente io non ne ho di migliori in ogni caso. Però è da tempo che volevo scrivere un articolo sull’argomento, anzi ne scriverò una serie perché ci tengo, perché c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel continuare a dipingere Madama Timidezza come una vecchia megera. Perché se una società promuove idee che tolgono dignità anche solo a una persona, allora significa che quelle idee hanno bisogno di essere riviste. Perché ci sono persone come voi che hanno il diritto di sentirsi dire che vanno bene esattamente così come sono. In realtà, non c’è nient’altro che avremmo voluto sentirci dire da piccoli: io ti amo non perché sei un bravo bambino, non perché fai quello che ti dico, ma perché sei. Io ti amo perché tu sei e tanto basta.
Madama Timidezza ha un cuore e può mostrarcelo. Forse preferireste evitarne la compagnia perché avete imparato che chi non si mostra è perduto, chi non è socievole è perduto, chi si ferma e ascolta se stesso è perduto. Ma di chi stiamo parlando? Di voi o di un modello sociale che oggi è di moda ma domani chissà?
Ci sono molti gradi di timidezza, in alcuni casi ci si sente a tal punto a disagio in presenza di altre persone da evitare qualunque tipo di contatto. Vorremmo uscire ed essere brillanti in mezzo agli altri, ma non ci riusciamo, la gola si secca e le mani iniziano a sudare al solo pensiero, il cuore batte forte come se un predatore si fosse appostato dietro l’angolo, pronto ad assalirci al minimo tentativo di far sentire la nostra voce. Può capitare quando per anni abbiamo coltivato l’idea di non poterci mostrare per quello che siamo perché qualcuno “ci farà a pezzi” se solamente osiamo.
Madama Timidezza è corsa in nostro soccorso all’inizio della nostra storia di dolore e ci ha promesso di rimanere sempre con noi. Così avremmo potuto evitare qualunque confronto perché, per quanto gli altri ci spronassero a essere più socievoli, più aperti e disponibili, qualcosa dentro di noi era più forte e ci obbligava a scappare lontano.
Sembra inevitabile incolpare qualcuno: noi stessi per il nostro “difettoso carattere” oppure gli altri per i loro giudizi e le incomprensioni. In realtà, non ci sono colpe da parte di nessuno, ci sono solo diverse modalità di essere a cui qualcuno ha deciso di assegnare un valore arbitrario, come lo si potrebbe assegnare a un paesaggio di montagna o di mare. Ci saranno sempre delle preferenze soggettive, ma quale valore obiettivo potremmo attribuirgli?
Ecco, tante parole per giungere a un punto, che è poi il punto di partenza per arrivare un giorno a congedare gentilmente la cara Madama Timidezza dalla nostra vita: qualunque sia la mia storia, qualunque idea io abbia coltivato su di me e sul mio carattere, io sono nato splendido [1. Etimo: splèndido agg. – dal lat. splendĭdus, der. di splendēre «splendere» | Via Treccani.it].
Chiunque vi abbia portato a credere qualcosa di diverso aveva in comune con voi molto di più di quanto pensasse mentre vi giudicava: entrambi vi siete convinti di dover essere diversi da voi stessi per “andare bene”. Chi davvero è in pace con se stesso e si esprime con autenticità non ha paura della diversità, al contrario l’accetta e la rispetta.
Avete mai visto due viole uguali in natura? O due ciliegie perfettamente identiche? Pensateci: solo la paura potrebbe spingere qualcuno a non sfruttare i miliardi di possibilità creative che la vita offre. Perché creare due esseri umani identici? Neanche i gemelli lo sono! Possono avere tanto in comune, ma non tutto, ci sarà sempre qualcosa che è peculiare in ognuno di loro.
È difficile scrollarsi di dosso la paura del giudizio perché col tempo siamo diventati i giudici più severi di noi stessi, abbiamo fatto nostri i timori altrui e ora continuiamo a scappare, a nasconderci come se fossimo una sorta di mostro.
Alcune volte capita che l’autenticità dei bambini sia troppo difficile da accettare per chi ha alle spalle una storia di rifiuto. Così lo schema si ripete ancora e ancora e ancora.
Siamo persone timide? È perfetto così.
Siamo persone tranquille? È perfetto così.
Siamo persone schive e riservate? È perfetto così.
Permettevi di essere perché siete perfetti così. Potete sempre trasformare qualcosa se lo desiderate, potete lasciar andare la mano di Madama Timidezza e dirle che d’ora in poi camminerete da soli, sulle vostre gambe. Potete, ma solo ripartendo dal vostro Io autentico. Non è semplice liberarsi da anni di condizionamenti, da paure radicate, ma per poterlo fare è indispensabile conoscere il punto di partenza ed essere onesti con se stessi.
La timidezza non è un mostro, è una possibilità che ci viene offerta per stare con noi stessi, imparare ad ascoltarci, riscoprirci nella nostra autenticità. È un percorso che alcuni di noi hanno intrapreso per ritrovare la propria voce.
Un giorno, infine, al risveglio guarderete Madama Timidezza ed esclamerete: “Non avevo mai visto quanto fossi bella!”. E allora lei vi sorriderà e sarà un sorriso dolce e sincero, per nulla timido. Il vostro autentico sorriso.
Foto in apertura di ANA▲JONESSY