Pirandello ne sapeva di psicologia umana ed è un peccato che la scuola lo abbia trasformato in un noioso scrittore tra mille altri. Ricordo che un giorno, ai tempi dell’Università, mi capitò di leggere questa frase, vergata a matita su uno dei banchi della biblioteca:
… una realtà non ci fu data e non c’è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.
Era una citazione tratta da Uno, nessuno, centomila, come l’imbrattatore anonimo aveva avuto il buon cuore di precisare, e per me fu una folgorazione. Sentii che era giunto il tempo di riprendere in mano il tomo con tutti i romanzi di Pirandello (comprato e mai letto alle superiori) perché l’autore aveva qualcosa da dirmi. Non me ne sono mai pentita.
Pirandello parla di noi, parla di maschere e di autenticità, parla di quello che noi crediamo di essere e di quello che gli altri credono noi siamo. È un gioco di specchi, di realtà che si scontrano, si sovrappongo, alle volte si incontrano.
Ma “una realtà non ci fu data e non c’è” perché una realtà “dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere”. Ecco, penso che questo sia il punto di partenza, il via di qualunque avventura e anche il suo arrivo. La realtà non è obiettiva perché uguale per tutti, ma lo è in quanto offre a tutti la possibilità di farne esperienza a partire dal proprio unico modo di essere.
Viviamo tempi particolari, tempi in cui siamo circondati da pensieri negativi, colmi di sfiducia e desolazione, tempi che ci chiedono nuovo coraggio: se tutti guardano in una stessa direzione, chi sono io per cercarne un’altra? Per dire che ne esiste un’altra creativa, positiva, fatta anche per me?
Non solo sono questi i tempi che ci richiedono un maggior sforzo per coltivare pensieri positivi, ma sono anche quelli che ci permettono di risorgere da una crisi personale e sociale di profondo disorientamento.
Quale realtà vedono i miei occhi oggi? Vedo i soldi che mancano? Il lavoro che latita? Le persone che si distruggono? La paura del futuro? L’inquietudine per il presente? I giovani senza una direzione? Il sesso come un passatempo? Il vuoto di prospettive?
Sì, certo che lo vedo, ma non vedo solo questo perché altrimenti dove la troverei la forza di abbracciare mia madre, sorridere a un amico, giocare con il mio gatto, leggere un bel romanzo, scrivere su di un blog, leggere quello che altri scrivono su di un blog…? Dove la troverei la forza se non fosse dentro di me e nel significato che io do a ogni mio passo, ogni mio gesto, ogni mio tentativo, a ogni sconfitta e a ogni successo?
Tempi difficili richiedono capitani coraggiosi, che rimangano al timone della loro nave e danzino col mare in tempesta. Non è una resa e neppure una lotta, è una danza, un fluire con l’esistenza senza perdersi nel tumulto dell’ignoto che ci circonda.
Tempi difficili richiedono pensieri positivi, creativi, nuovi punti di vista, nuove angolature da cui guardare la vecchia vita. Richiedono di ritornare al nostro centro e da lì ripartire. Guardiamoci negli occhi, riscopriamo l’onestà di riconoscere le nostre luci ed ombre, perdoniamoci qualunque cosa ci faccia soffrire e diamoci un’altra possibilità. E ancora un’altra e un’altra ancora. E ancora e ancora e ancora.
Occorre avere il coraggio dell’imperfezione per vivere in maniera creativa.
Rollo May
Foto in apertura di Dean Hochman