L’Istrice era accucciata e silenziosa, osservando un ceppo vuoto e chiedendosi se fosse una casetta per giocare creata dalla natura proprio per lei. Immaginava tutte le cose che avrebbe potuto fare con il ceppo: avrebbe potuto scalarlo e farlo rotolare su un lato e sull’altro, avrebbe potuto entrarci a vedere se c’erano gustosi vermiciattoli per cena, o grattarsi la schiena sulla ruvida corteccia esterna, se avesse voluto.
Mentre l’Istrice meditava sul da farsi, vide l’Orso avvicinarsi. L’Orso era grosso, nero ed era in cerca di miele.
Oh, un altro compagno di gioco con cui condividere il ceppo, pensò l’Istrice.
“Ciao Orso”, disse con dolcezza l’Istrice, “vuoi giocare con me con il ceppo?”
Il vecchio Orso sbuffò arcigno: “Istrice, non vedi che sono troppo vecchio per giocare? Sei sulla mia strada e io sto cercando miele. Vattene!”
“Perché, Orso? Non si è mai troppo vecchi per giocare”, replicò l’Istrice. “Se dimentichi cosa significa essere un cucciolo, sarai sempre impaziente e arcigno come sei ora.”
L’Orso comincio a riflettersi su. Forse l’Istrice aveva ragione, perché tutte le altre creature erano scappate via impaurite davanti a lui, e persino gli altri Orsi arricciavano il naso quando lui li apostrofava con un grugnito; questa piccola Istrice aveva certamente fiducia nel fatto che lui non l’avrebbe mangiata. Gli aveva persino offerto la sua amicizia.
Il vecchio Orso guardò l’Istrice e sentì che qualcosa cominciava a smuoverglisi dentro: prese a ricordare i giochi che faceva da cucciolo, e la gioia tornò a vivere dentro di lui.
“Piccola Istrice, tu mi hai fatto ricordare che nel diventare forte e nel cercare risposte, sono caduto nella trappola dell’intellettuale. Ho cominciato a temere ciò che gli altri avrebbero potuto pensare se mi fossi tolto la maschera da duro: avevo paura che non mi prendessero più sul serio. Mi hai insegnato che nell’essere presuntuoso, stavo mettendo gli altri in condizione di non volermi bene, grazie; mi piacerebbe molto giocare con questo vecchio ceppo.“
E fu così che quell’Orso ritornò bambino e imparò l’innocenza dell’Istrice.
Immagine di Tambako The Jaguar