Si era verso la fine di agosto. Il mio ritiro in compagnia di scrittori e in semisolitudine volgeva al fine. Mentre lavoravo in giardino con May Sarton ebbi voglia di farle un sacco di domande. La domanda di fondo fu:
«Come hai trovato il coraggio di essere così aperta, aperta quando scrivi, aperta quando conversi, aperta a sfidare le convenzioni, aperta a esprimere ciò che non si dice, aperta a vivere il socialmente inaccettabile: aperta?»
Rispose: «Un giorno mi sono resa conto che fra trecento anni sarò morta. Di me non resterà niente, tolto quello che ho scritto. E anche questo probabilmente si trasformerà in polvere. Ma se io scrivo la verità, la verità come l’ho sentita esprimersi dentro di me, la verità come l’ho vissuta, allora è probabile che qualcuno la legga. E se la leggono, possono essere aiutati a trovare la loro verità. La loro vita sarà arricchita, come è stata arricchita la mia da tutte le verità più profonde che ho letto. A quel punto è possibile che le mie parole durino.
E se invece tutto tornerà polvere, non è un problema. Cosa ho perduto? L’unica possibilità che una cosa possa durare è legata alla verità. Per poter dire la verità devo viverla essendo aperta a questa vita breve e passeggera».
Jean Katz, tratto da