C’è una storia sull’invasione cinese del Tibet. Su una montagna himalayana sorgeva un monastero buddhista, attorno al quale si era formato un villaggio. Quando gli abitanti del villaggio seppero che l’esercito cinese stava avanzando si diedero alla fuga, sicché il comandante del battaglione cinese, al suo arrivo, s’infuriò perché non c’era nessuno da costringere ad organizzare i festeggiamenti di benvenuto. Così ordinò ai soldati di fare irruzione nel monastero e di sbudellare i monaci.
Poco dopo l’attendente ritornò con la notizia che i monaci erano fuggiti salvo uno, l’abate, che emanava una tale energia che i soldati avevano paura di avvicinarsi. Sempre più infuriato, il comandante, spronò il cavallo dentro il cortile del monastero, dove trovò l’abate in meditazione. Smontò da cavallo, si piantò con aria altera davanti all’abate, sfoderò la spada e gliela puntò contro la pancia, ghignando: “Non sai chi sono io? Ti rendi conto che ti posso squartare con un semplice gesto?”
L’abate socchiuse gli occhi, sorrise in modo strano e disse: “Io so chi sei, ma tu sai chi sono io? Ti rendi conto che con un semplice gesto posso far sì che tu mi squarti?”
Si racconta che il perplesso comandante rinfoderò la spada e galoppò via.
Tratto da I guerrieri del cuore di Danaan Parry
Immagine di Jake Barnes