Recensione scritta da Silvana Pincione
Mi sono accostata al thriller con grande cautela perché mi è sempre capitato di guardare al genere con la circospezione di chi teme narrazioni a tinte torbide, che riproducono passivamente le atmosfere impattanti di ambientazione americana, non esattamente nelle mie corde. Ho scoperto Donato Carrisi leggendo “La ragazza nella nebbia” e ho avuto la piacevole sorpresa di scoprire, a dispetto delle mie previsioni, un autore fresco, che ha rielaborato i codici espressivi del genere thriller in maniera del tutto inedita e personale. Sicuramente influente ai fini della sua formazione di scrittore, è stato il percorso di studi intrapreso.
Carrisi, autore di best seller internazionali
Dopo la laurea in giurisprudenza, Carrisi si è specializzato in criminologia e scienza del comportamento, discipline di cui dimostra di avere ampia competenza nella sua produzione letteraria. Ma Carrisi, oltre che scrittore, è anche sceneggiatore e regista e il suo talento sta proprio nel riuscire a operare una trascrizione dei codici del linguaggio filmico e cinematografico entro le strutture della narrativa, consegnando al lettore un prodotto finale di grande impatto visivo ed emotivo, che spiega il successo straordinario dei suoi romanzi a livello internazionale. Tra i più famosi, per citarne alcuni, figurano “Il suggeritore”, “Il tribunale delle anime”, “L’ipotesi del male, ”Il cacciatore del buio”, “Io sono l’abisso”.
L’addormentatore dei bambini ne La casa senza ricordi
“La casa senza ricordi” è il secondo libro che ha per protagonista Pietro Gerber, già noto ne “La casa delle voci” come l’addormentatore dei bambini. Ma cosa vuol dire esattamente addormentare i bambini attraverso l’ipnosi? La voce narrante spiega che significa immergere “i piccoli pazienti nell’abisso della propria psiche, calandosi poi insieme a loro per esplorare il mondo sconosciuto che nascondevano dentro di sé”.
Pietro ha ereditato la passione per l’ipnotismo dal padre defunto, noto come il signor B., la cui figura viene evocata a tratti nel corso della narrazione: un rapporto, quello tra padre e figlio, controverso, segnato da una conflittuale rivalità, come spesso può accadere quando un figlio si ritrova a misurarsi professionalmente con le competenze paterne, soprattutto nell’ambito di un settore così particolare. La modalità utilizzata dal signor B per addormentare i bambini consisteva nel far partire un giradischi con incisa la musica de Lo stretto indispensabile, nota nel linguaggio ipnotico come oggetto guida, un oggetto descritto come quello “attraverso cui l’ipnotista stabilisce un contatto esclusivo col paziente”.
Quando Pietro è chiamato al termine del suo apprendistato a scegliere il suo oggetto guida personale, la sua scelta ricade su un metronomo. Ed è proprio il metronomo ad essere al centro delle sedute di ipnotista di Pietro ne “La casa delle voci”. Ma in questa nuova vicenda narrativa, Pietro dovrà mettere alla prova le sue capacità superando se stesso, in quanto il bambino che sarà chiamato ad addormentare non è un bambino come gli altri e per penetrare negli abissi della sua mente dovrà ingegnarsi per individuare la chiave giusta, scegliendo di volta in volta oggetti guida diversi, reperiti, talvolta, in contesti e con modalità inquietanti.
Tutto ha inizio, quando il bambino in questione viene ritrovato da un’anziana allevatrice di cavalli a vagare smarrito e solo nella Valle dell’Inferno, in Toscana (un luogo, in cui lo scrittore rivela in un’intervista di essersi perso anni fa). Le sue condizioni fisiche sono buone, il che prova che qualcuno lo ha accudito, ma il piccolo non può spiegare chi sia perché non parla. Le ricerche della polizia riconducono l’identità del bambino ad un minore di origini albanesi, che risulta scomparso mesi prima con la madre e che risponde al nome di Nikolin. Madre e figlio erano già noti ai servizi sociali, in quanto disadattati e abituati a vivere alla giornata dopo essere stati sfrattati dalla loro casa. Otto mesi prima, negli stessi boschi del Mugello in cui era avvenuto il ritrovamento del bambino, era stata rinvenuta l’auto con una gomma forata che era la loro nuova dimora, ma dei due nessuna traccia.
“La storia è piena di buchi neri”, dichiara Anita Baldi, la PM che si occupa del caso e che incarica Gerber a “riaprire la stanza dei giochi” in cui avvengono le sue sedute ipnotiche.
La stanza dei giochi, teatro di verità sconvolgenti: chi è davvero Nikolin?
Cos’è la stanza dei giochi? Ce lo spiega l’autore:
La stanza dei giochi era di fatto una stanza dove ci sono dei giochi. Cambiava solo la finzione degli oggetti. Serviva ad esplorare la mente dei bambini. […] Sembrava in tutto e per tutto la cameretta di un bambino […] Le pareti erano […] ricoperte di poster che variavano a seconda dell’età e del sesso del minore […] Anche i giocattoli cambiavano, si andava da trenini e bambole fino a puzzle e videogame.
È questa la stanza in cui viene introdotto il piccolo Nikolin, opportunamente svuotata di tutti gli stimoli visivi per ottenere un ambiente neutro, ma luminoso. Gerber individua, col primo oggetto guida, quello che definisce l’innesco giusto per poter arrivare a comunicare col bambino, che sembra in questo modo sbloccarsi, dopo una prima ostinata chiusura. Ma ecco che accade qualcosa di inaspettato, che spiazza Pietro: “era come se ci fossero due entità dentro di lui”.
Gerber attivando un contatto psichico col Nikolin ha aperto una fenditura, che nel corso delle sedute successive diventa una crepa sempre più profonda. Si ritrova coinvolto in un caso dai risvolti inquietanti, che lo assorbe al punto tale da alienarlo dalla realtà. Chi gli sta intorno è all’oscuro del suo modus operandi, ignora la natura dei suoi reali interventi di ipnotismo che sono al limite del codice deontologico. Indagare sulla reale identità di Nikolin e sulla natura del potere che investe nella sua vita, al punto tale da condizionare le sue scelte e guidare le sue azioni, diventa per Gerber qualcosa di più di un dovere professionale, ha a che fare piuttosto con una questione vitale. Pietro dà tutto se stesso al punto da trascurarsi, è dimesso, smagrito. Non lo aiuta il fatto di essere reduce da una recente separazione dalla moglie Silvia che è andata a vivere con un nuovo compagno, portando con sé il loro figlioletto Marco e con cui i rapporti sono freddi e tesi. L’autore ci consegna un ritratto struggente della solitudine vissuta da Pietro, nella scena in cui l’uomo si ritrova a rievocare i ricordi dei momenti vissuti negli anni felici del suo matrimonio:
La videocassetta, destinata a Marco, alla fine era rimasta a Gerber come unico cimelio di quello che sembrava un grande amore. La guardava tutte le sere. Senza volume, così faceva meno male. Quarantacinque minuti scarsi di spezzoni. […] Sottratti allo scorrere del tempo prima che la videocassetta si rompesse irreparabilmente, come tutto il resto.
Il viaggio di Pietro nella mente di Nikolin alla ricerca della verità
La narrazione scorre impetuosa come una cascata, in cui gli avvenimenti si susseguono con colpi di scena continui e imprevisti. L’autore accompagna il lettore a conoscere un mondo parallelo a quello visibile, quello della psiche. Mostra come addentrarsi negli abissi della mente di un bambino sia un’esperienza particolarmente drammatica, perché irrompere in una mente infantile segnata dal trauma significa vedere emergere dall’abisso vasi di Pandora dimenticati dal contenuto sconvolgente.
Se l’ipnotista si smarriva nella testa di un piccolo paziente, questi non aveva scampo: sarebbe cresciuto con un intruso nell’inconscio, il che aveva implicazioni notevoli sullo sviluppo della psiche. […] Lui era abituato a ripulire la mente dalle scorie dei traumi […]ma non gli era mai successo di dover liberare qualcuno da una presenza estranea, un parassita.
Scopo di Pietro è liberare Nikolin dall’intruso che abita in lui e tutte le sue energie mentali convergono verso questo obiettivo. Ma a complicare la missione è la stessa voce che attraverso Nikolin racconta la sua storia. L’autore ci consegna a spezzoni, allo scopo di amplificare la tensione narrativa, una storia drammatica fin dagli esordi, che parla di desolazione e disperazione. Una storia accaduta anni prima che ha cambiato per sempre la vita di chi l’ha vissuta e che ora chiede di essere creduta, con la disperazione dei sopravvissuti al dolore. È il paradosso che si compie è che Gerber si lascia coinvolgere al punto tale da empatizzare con lo sconosciuto parassita di Nikolin per il trauma subito, che come tutte le ferite rimaste aperte sono suppurate e continuano a bruciare vive anche a distanza di tanti anni.
Intuisce che la verità non è quella ufficiale divulgata a suo tempo dalle forze dell’ordine. Strato dopo strato, spoglia le ricostruzioni fallaci fatte all’epoca della loro credibilità e, con la coraggiosa ostinazione che lo ha contraddistinto fin dall’inizio, lasciandosi guidare ancora una volta dalla voce del parassita di Nikolin, va alla ricerca di un’altra verità.
Monito finale del libro: ridiamo voce e dignità alla verità dei bambini
Ma c’è un tempo per ogni cosa e Pietro deve fare i conti col fatto che ormai è troppo tardi per fermare l’orrore:
Gerber si appoggiò con la schiena al muro, gli girava la testa […] La verità l’aveva sempre avuta davanti agli occhi, ma la presunzione gli aveva impedito di vederla. […] La stanza perduta in cui Nico era prigioniero non si trovava dentro la sua mente. Era il mondo intero.
I ritmi dell’azione nella parte conclusiva si distendono, il fiume di parole che scorreva impetuoso rallenta il suo corso. Anche se gli ultimi tasselli trovano la loro collocazione nel mosaico narrativo, l’impressione del lettore è quello di trovarsi davanti ad un finale aperto, sospeso, forse in funzione di una possibile prosecuzione della vicenda.
Tutti i libri che lasciano un segno nella nostra anima sono meritevoli di qualcosa. Può essere un monito alla nostra coscienza per dei valori che ci appartengono ma che magari abbiamo messo da parte: ecco dunque che quel libro è arrivato appositamente per ricordarceli. In questo caso, merito de “La casa senza ricordi” è di ridare dignità alla parola dei bambini e ricordare a noi quanto sia importante farlo. Perché la voce dei bambini può essere portatrice di verità e la “verità potrebbe rivelarsi più semplice e insieme più agghiacciante di quanto ci possiamo immaginare”.
Informazioni sul libro
Titolo: La casa senza ricordi
Autore: Donato Carrisi
Editore: Longanesi
Pagine: 400
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Immagine in apertura di JuiMagicman