Prima di entrarci da ricoverata
ero stata in manicomio
a trovare con altri parenti una lontana zia,
una volta s’era matti sempre,
anche se oggi si dice “malati di Alzheimer”.
Mentre i miei parenti procedevano sicuri,
per me era la prima li e mi fermai
qualche secondo all’ingresso,
vicino al giardino.
Fu nel giardino di un manicomio
che incontrai una giovane dal volto pallido,
bella e piena di stupore.
Mi sedetti accanto a lei sulla panca,
e chiesi: “Perché sei qui?”.
Lei mi fissò con uno sguardo di meraviglia,
e disse: ” È una domanda indiscreta,
ma risponderò lo stesso.
Mio padre voleva fare di me
una perfetta copia di se stesso;
e così anche mio zio.
Mia madre voleva che fossi l’immagine
di sua madre o di mia sorella.
Mio fratello elevava di continuo
la moglie “sottomessa e domestica” invitandomi a seguirne l’esempio.
E anche i miei insegnanti, il dottore in filosofia,
il maestro di musica e il professore di logica erano tutti ben decisi:
ognuno di loro altro non voleva
se non che io fossi
il riflesso del suo volto in uno specchio.
Per questo sono venuta qui.
Trovo che sia più sano, qui.
Qui posso essere me stessa, almeno.”
Poi si volse di scatto verso di me e disse:
“Dimmi, anche tu ti trovi in questo posto
per ragioni attinenti all’educazione
e ai buoni consigli?”
E io risposi: “No, sono qui solo in visita.”
E lei: “Ah, sei una di quelle che vivono
nel manicomio, di là
dall’altra parte del muro.”
Tratto da Dio arriverà all’alba, Spettacolo teatrale omaggio ad Alda Merini
Immagine di Bertsz