Recensione scritta da Silvana Pincione
Capita che un giorno ti imbatti, per puro caso, in un titolo che ti colpisce, prima ancora di conoscere il contenuto del libro e il suo autore. Il mio incontro con Il rosmarino non capisce l’inverno è iniziato così. Sarà che possiedo una piantina di rosmarino che da quando l’ho interrata nel mio orticello ho sempre ammirato per la sua audacia. Mentre le sue compagne – tiglio e maggiorana – appena si annuncia l’inverno non si accontentano delle piogge più frequenti e chiedono di essere innaffiate comunque con regolare costanza, pena l’inaridimento nel giro di poco tempo, il mio rosmarino finora è sempre rimasto sorprendentemente in forma di fronte a qualsiasi condizione atmosferica. Sembra che il freddo non lo sfiori, che nemmeno capisca la differenza tra inverno e estate.
Non conoscendo l’autore, la prima cosa che ho fatto è stato andare a informarmi su chi fosse. Ho scoperto così che sua moglie è Paola Barbato, sceneggiatrice dei fumetti di Dylan Dog nonché autrice di thriller che avevo avuto modo di apprezzare non molto tempo fa con la lettura di La cattiva strada. Oltre a collaborare a sua volta con una casa editrice come disegnatore., Bussola conduce una trasmissione radiofonica su Radio24 e tiene una rubrica settimanale sulla rivista femminile “F”.
Un autore dunque eclettico, con uno sguardo aperto sul mondo e sulla quotidianità che traspare nella sua produzione narrativa, dal suo esordio nel 2016 con Notti in bianco, baci a colazione – in cui riporta stralci della sua esperienza di padre di tre bambine che si affacciano alla vita, al libro per ragazzi Viola e il blu (2021) in cui si avventura nel delicato terreno dell’adolescenza.
Il rosmarino simbolo di resistenza
Il rosmarino non capisce l’inverno si presenta a prima vista come una raccolta di racconti brevi, ciascuno dei quali ha come protagonista una donna. Nella prefazione al libro, Bussola scrive:
Ho deciso di scrivere di donne perché non sono una donna. Perché ho la sensazione di conoscerle sempre poco, anche se vivo con quattro di loro. E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già.
La concezione della scrittura come strumento di conoscenza permette a Bussola di calarsi con umiltà nei seminterrati del mondo sommerso femminile, con esiti sorprendenti. Fin dal primo capitolo, il lettore rimane colpito dalla corposità dei dettagli e dal realismo delle descrizioni, quasi come se scenari e personaggi gli risuonassero familiari. Pagina dopo pagina, l’intimità del vissuto delle donne protagoniste si dispiega ai suoi occhi in tutta la sua carica drammaticamente intensa.
Ci sono ad esempio – per citarne solo alcune – Margherita, che in seguito a un incontro che lascerà il segno, scopre di aver scelto di fare l’infermiera per compiacere gli altri e non perché fosse la sua vera vocazione; Aurora, che rivendica il diritto di non avere figli, a dispetto delle pressioni di una società che identifica l’esperienza della maternità come la sola possibile di realizzazione di una donna; e ancora Sara e Marika, segnate da un lutto traumatico, portatrici di vita e di una speranza che va oltre il dolore. C’è l’esperienza della malattia raccontata da Maddalena, l’amicizia adolescenziale vissuta da Greta e da Martina, descritta in tutto il suo carico di contraddizioni e segnata dalla ricerca della propria identità.
Figure femminili che non potrebbero essere più diverse tra loro. Per età, professione, indole, estrazione sociale. Eppure unite tra di loro da un filo invisibile: il coraggio di attraversare gli eventi che si abbattono su di loro senza lasciarsi travolgere. Per dirla con le parole di Confucio, il loro motto potrebbe essere: la nostra gloria più grande non sta nel non cadere mai, ma nel rialzarci sempre dopo una caduta, proprio come il rosmarino, che si lascia vivere anche col sopraggiungere del gelo dell’inverno, con coraggio e tenacia. Questa presa di posizione è sintetizzata con efficacia nell’intervento di una delle protagoniste, Mira, nella scena in cui riceve dei fiori in omaggio da Aurora:
È che, vede, senza offesa […], i fiori mi fanno pensare alla morte. Quei fiori sono morti pure loro, se ci pensa. Li spuzzano con sostanze chimiche per ritardarne l’appassimento, addirittura iniettano coloranti sintetici nei petali per esaltarne la brillantezza, insomma, a me mettono addosso un’incredibile malinconia. Forse perché, alla fine, sono una specie di menzogna […] Invece amo le piante vive. Quelle apparentemente più povere, per niente ornamentali, resistenti e caparbie, che non temono né il gelo di montagna né il freddo di pianura, quasi che non li capissero […]
L’amore, la malattia, la morte: tre grandi temi esistenziali raccontati dall’autore
I temi che Bussola affronta nel raccontare il vissuto delle donne protagoniste sono di scottante attualità e il lettore non può non sentirli vicini a sé e alla propria esperienza di vita, diretta o indiretta che sia. Le donne stesse in fondo, sono donne ordinarie, con cui il lettore è portato ad empatizzare perché in ognuna di essere può di volta in volta riconoscere la sua vicina di casa, madre, compagna, amica, figlia. L’amore, narrato in tutte le sue prospettive e declinazioni, è un amore non conosce barriere, che siano esse di carattere anagrafico, sociale, sessuale. Bussola ce lo mostra in tutta la sua disarmante nudità, spogliandolo con delicatezza di tutte le convenzioni sociali e i pregiudizi che lo snaturano e lo allontanano dalla purezza della sua essenza.
La malattia è narrata senza filtri, in tutta la sua crudeltà, ma la durezza di questa realtà si compenetra della compassione femminile – intesa nella sua accezione letteraria di testimonianza del vissuto emotivo dell’altro – manifestandosi nelle vesti dell’amore filiale e della solidarietà dell’amicizia.
Al tema della morte è affidata la missione di chiudere il cerchio e Bussola riesce nella missione chiamando tutte le donne dei suoi racconti a esserne spettatrici e insieme testimoni. E’ solo a questo punto che, proprio come accade con i puntini luminosi di una invisibile pista cifrata, si realizza la connessione tra le loro esistenze e l’autore rivela l’essenza corale della struttura narrativa, finora solo intuita dal lettore.
La prospettiva femminile assunta da Bussola tra verosimiglianza e impatto emotivo sul lettore
Il risultato è sorprendente: assumendo la prospettiva femminile nei racconti contenuti nel libro, Bussola riesce a raccontarci l’esperienza della donna con un esito di verosimiglianza per nulla scontato da parte di un autore maschile e non solo. Al di là dell’adesione formale alle tecniche narrative richieste nell’adottare un punto di vista diverso dal proprio, quella che colpisce è la capacità di arrivare emotivamente al lettore, con un’immediatezza espressiva che nella sua linearità produce l’effetto –proprio dei libri che sanno cogliere nel segno – di tenere il lettore incollato dalla prima all’ultima pagina.
Il risultato è che si finisce di leggerlo troppo presto. Ma questo non impedisce – proprio in virtù dell’empatia suscitata dall’autore, che è un dono di cui fare tesoro – di ritornare su quelle pagine e permettere a quelle parole di decantare dentro di noi, lasciando sedimentare le più vicine al nostro sentire, perché anche della narrativa si può fare esperienza, quando diventa testimonianza della realtà della vita umana.
Informazioni sul libro
Titolo: Il rosmarino non capisce l’inverno
Autore: Matteo Bussola
Editore: Einaudi
Pagine: 160
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Immagine in apertura di Couleur