Ci sono libri che ci piacciono, altri che dimentichiamo quasi subito e poi ci sono quei libri, i libri che, dopo aver letto l’ultima frase, è come se ci sentissimo un po’ meglio, come se qualcosa dentro di noi fosse stato rimesso a posto.
Non so cosa abbia fatto scattare in me quell’indimenticabile clic nell’istante esatto in cui ho letto l’ultima parola dell’ultima frase di Non sono solo di Lisa Thompson, ma è da tempo che non mi accadeva, così come non mi accadeva di voler scrivere una recensione su un libro di narrativa. Narrativa per ragazzi, per la precisione.
Di Lisa Thompson avevo già letto L’imprevedibile caso del bambino alla finestra e L’imprevedibile caso del bambino che non c’è (entrambi belli ed entrambi consigliati se siete giovani ma anche se da adulti sapete ancora apprezzare un buon romanzo per ragazzi) e, di solito, quando conosci un autore e ti piace il suo stile è un po’ come se scegliessi una strada che ti è familiare, non ti aspetti particolari colpi di scena.
Invece Non sono solo è stata una piacevolissima sorpresa: poche frasi ed ero già all’interno della storia, insieme a Nate e a sua madre, in viaggio su una strada buia e poco trafficata, nelle prime ore del mattino.
È la voce di Nate a raccontare e lo fa come solo un bambino di undici anni saprebbe farlo: notando dettagli in apparenza insignificanti che rivelano più di quanto vorrebbero. Nate non capisce perché la madre lo abbia svegliato all’una di notte, una valigia pronta, raccontandogli di una presunta vacanza perché lui sa bene che le vacanze non si organizzano così: buttandoti giù dal letto quando è ancora notte e senza averti avvisato prima.
Attraverso le sue parole scopriamo che suo padre se n’è andato e ora con lui e la madre vive Gary, ma Gary si comporta in modo strano da un po’ di tempo. Nate ricorda e poi osserva sua madre che finge allegria, ma in realtà è tesa, nervosa. Lui lo sa perché stanno attraversando una galleria e lei di solito canta quando attraversano una galleria. Invece questa volta no, questa volta sua madre non sta cantando e continua a lanciare occhiate allo specchietto retrovisore.
Il cottage malandato
Quando arrivano a destinazione Nate storce il naso nel vedere un vecchio e malmesso cottage: tutt’intorno erbacce, dentro freddo, sporco e puzza. Quel cottage puzza terribilmente. Sua madre dissimula ogni preoccupazione e, con rinnovato entusiasmo, si organizza per pulire e rendere il cottage più accogliente. Nate nota un reale cambiamento in lei: come se davvero fosse felice di trovarsi lì, con lui. Sono insieme, stanno bene e non sembra importarle di nient’altro. Per lui, invece, è tutto complicato: non ricorda di essere già stato in quel luogo, come invece gli racconta la madre, e vorrebbe solo potersene andare il prima possibile. Nate continua a chiedere: “Perché non andiamo dalla nonna?”
Torno presto, Nate
Dopo una giornata passata a pulire e rassettare, la madre uscirà in auto per fare provviste e da quel momento inizierà l’avventura-incubo di Nate che, non vedendola tornare, dovrà riuscire a cavarsela da solo. Solo, ma non completamente, perché in suo soccorso arriveranno Sam, un suo vecchio “amico”, e Kitty, una bambina un po’ strana, secondo Nate, ma capace di coinvolgerlo in una caccia al tesoro vecchia di quarant’anni.
Le risorse di un bambino
Nate farà buon viso a cattivo gioco, seppur all’inizio rifiuterà sia la presenza di Sam sia i tentativi di Kitty di fare amicizia. In attesa che la madre torni, la paura e i dubbi di Nate cresceranno al crescere delle ore e poi dei giorni in sua assenza. Sam e Kitty diventeranno per lui una compagnia preziosa e Nate sarà chiamato ad affrontare una delle sue paure più profonde per aiutare l’amica in difficoltà.
Non sono solo
Il titolo originale del romanzo è The light jar, il barattolo luminoso, uno degli oggetti simbolo della storia dove il buio, nelle sue diverse forme, sembra spadroneggiare finché il protagonista scopre in sé le risorse interiori per fronteggiarlo. Il buio inteso come pericolo, ignoto, ma anche come violenza, abbandono, assenza di protezione.
Nel buio si celano i mostri e i mostri hanno un unico scopo nella mente di un bambino: fargli del male. Ma il buio è, per definizione, assenza di luce per cui ne basta una anche piccolissima e tenue per costringerlo ad arretrare: anche la luce di un semplice barattolo luminoso. Un barattolo che per Nate significa, però, molto di più, è la speranza che torna. È sua madre che no, non può averlo davvero abbandonato.
Non so se Non sono solo potrà piacervi come è piaciuto a me, ma in ogni caso se vi ha incuriosito potrebbe essere una lettura che apprezzerete, anche da adulti. A me, ad esempio, ha ricordato la bambina che fui, le mie stesse paure e come, con le mie insospettate risorse, riuscii ad affrontare e sconfiggere i miei più temibili mostri. Chissà che non capiti anche a voi leggendolo. 😉
Informazioni sul libro
Titolo: Non sono solo
Autore: Lisa Thompson
Traduttore: Valentina Zaffagnini
Editore: De Agostini
Pagine: 254
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Immagine di Joshua Woroniecki