Il padre di Gurdjieff morì quando lui aveva solo nove anni; doveva essere un uomo molto speciale. Chiamò a sé Gurdjieff e gli disse: “Sto morendo, e non ho nulla da lasciarti in eredità. Ti lascio orfano e povero. Ma ti voglio dare un consiglio, lo stesso che mi è stato dato da mio padre: ho scoperto che quel consiglio si è dimostrato la ricchezza più grande che un padre può passare al figlio. Adesso sei troppo giovane, forse non sarai in grado di comprenderlo. Ma ricordalo; molto presto anche tu riuscirai a comprenderlo e comunque, che tu lo comprenda o no, inizia a comportarti di conseguenza. Ascolta con molta attenzione e poi ripeti ciò che ti dico”.
Era un consiglio semplice. Il consiglio era questo: “Se qualcuno ti insulta, ti umilia, ti ferisce, non devi reagire immediatamente. Devi dire a quella persona: ‘Dovrai aspettare ventiquattr’ore, e poi verrò a darti la risposta. È una cosa sacra per me; l’ho promesso a mio padre sul letto di morte’. Perciò aspetta ventiquattr’ore e poi recati da quella persona: in quelle ventiquattr’ore avrai la possibilità di diventare più consapevole. La gente reagisce immediatamente, non c’è tempo a sufficienza per diventare consapevoli; tutti reagiscono come macchine. Dopo aver lasciato passare quelle ventiquattr’ore, se scopri che aveva ragione, va’ da lei e ringraziala. Se scopri che aveva torto, non c’è bisogno di andare da lei; oppure, se vuoi, puoi andare a dirle che ti sembra che lei abbia frainteso”.
Gurdjieff era solito dire, più avanti nella sua vita: “Quel semplice consiglio, datomi da mio padre prima di morire, ha trasformato completamente la mia vita perché mi ha dato una consapevolezza, una soglia di attenzione. Non potevo fare nulla immediatamente, all’istante; dovevo aspettare ventiquattr’ore. E non puoi rimanere arrabbiato per ventiquattro ore”.
Osho, The Golden Future, tratto da Le fragranze dell’anima, ed. Lo Scarabeo
Immagine di Alex Lion