Scrivendo del saggio Il Dialogo delle Voci di Hal e Sidra Stone ho introdotto il concetto di subpersonalità descrivendole come:
un processo psicologico che mettiamo in atto quando siamo ancora bambini e il contesto in cui ci muoviamo viene da noi percepito come ostile: per proteggerci e soddisfare in un qualche modo i nostri bisogni, in particolare quelli primari, creiamo dentro di noi una serie di “personaggi/copioni” che ci aiutano a superare i momenti di crisi instaurando in noi la sensazione di poter controllare, almeno in parte, l’ambiente che ci circonda.
Ho però solo accennato a quelle che vengono definite subpersonalità primarie, ovvero le primissime parti di noi che si formano in risposta a un contesto che percepiamo come ostile.
Nel volume Subpersonalità e crescita dell’Io di Mauro Scardovelli vengono presentate in modo approfondito dieci subpersonalità base:
- Subpersonalità depressa
- Subpersonalità orale
- Subpersonalità masochista
- Subpersonalità ossessiva
- Subpersonalità schizoide
- Subpersonalità istrionica
- Subpersonalità paranoide
- Subpersonalità narcisista
- Subpersonalità fobica
- Subpersonalità psicosomatica
Di queste, nella psicosintesi se ne individuano quattro primarie, da cui si teorizza si generino poi tutte le altre:
- Depressa
- Schizoide
- Ossessiva
- Isterica (istrionica)
Nel libro di Scardovelli l’argomento viene trattato da un punto di vista accademico, ma con un linguaggio chiaro che permette di comprendere anche i concetti più complessi. Naturalmente, senza un minimo di background psicologico, alcuni aspetti potrebbero risultare un po’ complicati da comprendere, ma è sicuramente un libro che consiglio a chi, invece, già padroneggia alcuni concetti di psicologia e vorrebbe approfondire l’argomento.
In questo articolo mi limiterò a condividere alcune caratteristiche delle quattro subpersonalità primarie: quelle che ho avuto modo di studiare e quindi conoscere meglio.
Subpersonalità depressa
Ogni subpersonalità deriva da una ferita sperimentata durante l’infanzia: la ferita vissuta dalla sub depressa è la carenza d’amore, l’essersi sentita abbandonata.
A chi ha sviluppato questa sub (la maggior parte di noi) è mancata l’esperienza di accettazione, comprensione e comunione con le figure di riferimento, in prima istanza la madre.
Una ferita di questo tipo si può generare da due opposte esperienze: una caratterizzata da una madre fredda, distaccata, anaffettiva, incapace di donarsi emotivamente, l’altra da una madre iperprotetiva e possessiva che ha impedito al bambino di sentirsi forte e autoaffermarsi.
Lo sviluppo di questa sub, nelle sue diverse sfumature, porterà una persona a sentirsi (e quindi a comportarsi) come un mendicante d’amore. Percependosi indegno d’amore, autosvalutandosi e colpevolizzandosi per non essere in grado di ottenere dall’altro ciò di cui ha bisogno (amore e accoglimento in primis), la persona sperimenterà due opposte energie: l’una che si porrà al servizio dell’altro, compiacente, che cercherà in ogni modo di ottenere quell’amore che tanto brama e l’altra, nell’ombra, carica di rabbia e risentimento, dissimulata in modo repressivo dietro una maschera di compiacenza e sottomissione.
Il depresso (nell’accezione di sub depressa) è la classica vittima che si lamenta di tutto e di tutti. Paradossalmente è proprio nell’atto del lamentarsi che il depresso trae piacere perché solo così si permette di uscire dal copione che recita senza sosta pur di farsi benvolere.
Facendo sentire l’altro in colpa, in difetto, il depresso ottiene la sua ricompensa, seppur momentanea, perché è l’altro a sottomettersi a lui, a dargli un po’ di quell’amore (quello che il depresso crede essere amore) di cui tanto ha sofferto la mancanza da parte dei genitori.
Naturalmente ogni sub non presenta solo aspetti “negativi”, ma offre anche qualità positive e risorse che, se riconosciute, possono migliorare di molto la vita.
Ad esempio nel depresso vi è anche un autentico interesse nei confronti degli altri, si tratta di una persona empatica, che cerca di aiutare in modo sincero.
La sua parte sana è focalizzata sull’aiutare gli altri e facendolo aiuta anche se stessa perché è obbligata a concentrarsi su coloro che chiedono aiuto, distogliendo per un attimo l’attenzione dai propri bisogni irrisolti.
Ciò che il depresso ha più bisogno di sviluppare è l’amore e la cura di sé.
Il depresso non potrà mai ricevere dall’esterno ciò che non ha ricevuto da bambino. Nessun bisogno infantile può mai essere soddisfatto in un adulto da un altro adulto. C’è un’unica eccezione a questo: l’adulto stesso può prendersi carico del bambino ferito al suo interno.
Subpersonalità e crescita dell’Io di Mauro Scardovelli, pag. 143
Subpersonalità schizoide
La subpersonalità schizoide si forma prima dell’ossessivo e prima ancora del depresso. Si ritiene che la ferita risalga addirittura al periodo prenatale.
Lo schizoide è un solitario. Appare timido, riservato, poco espressivo. Il suo vissuto di base è l’esclusione, l’estraneità.
Mentre il depresso rinuncia, e l’ossessivo controlla, lo schizoide si ritira e si isola.
Subpersonalità e crescita dell’Io di Mauro Scardovelli, pag. 234
La ferita sperimentata dalla sub schizoide è simile a quella del depresso, ma più grave. Il bambino ha sentito messa in discussione la sua sopravvivenza e questo lo ha portato a rinchiudersi in se stesso, a pensare di non poter contare su nessuno. La sua frase d’elezione, infatti, è: non ho bisogno di nessuno. Faccio da solo.
Lo schizoide non si aspetta nulla dagli altri, al contrario del depresso, solo rifiuti e da qui la decisione di ritirarsi e isolarsi. Il mondo là fuori non ha nulla per lui, nulla da concedergli, nulla da donargli.
La sua è una ferita profonda, legata alla sua stessa esistenza. Ancora in fasce ha sperimentato il terrore di sentirsi in balia di un contesto oscuro e minaccioso, un contesto in cui le figure di riferimento (madre e/o padre) sono state percepite come ostili.
Lo schizoide spesso viene considerato una persona fredda, distaccata, molto intelligente, ma impossibile da avvicinare a livello emotivo. Si allontana dagli altri e li tiene a distanza.
In positivo, le risorse che ha al suo arco sono in primis la capacità logica e un tipo di pensiero chiaro e pulito. È preciso, affidabile se lavora per conto proprio (non è adatto al lavoro di squadra); ha inoltre una notevole capacità di percepire le situazioni, cogliere le atmosfere, intuisce con facilità che cosa si nasconde dietro una maschera.
Egli non vive dentro le situazioni, ma si è abituato a stare in disparte ed osservare. È quindi un osservatore attento e acuto, un osservatore con le antenne molto sviluppate.
Subpersonalità e crescita dell’Io di Mauro Scardovelli, pag. 241
Subpersonalità ossessiva
La subpersonalità ossessiva, insieme a quella depressa, è la sub più comune e diffusa nella società occidentale.
La ferita sperimentata dall’ossessivo non riguarda l’amore ma l’autonomia.
… l’ossessivo soffre per un precoce soffocamento della sua spontaneità e libertà di esplorazione.
Subpersonalità e crescita dell’Io di Mauro Scardovelli, pag. 205
Il suo punto chiave: l’autonomia, l’indipendenza, l’autodeterminazione.
Sin dalla primissima infanzia, il messaggio che è stato trasmesso all’ossessivo dalle figure di rifermento è stato:
Tu vali per le tue performance, non per le tue qualità umane, relazionali, affettive; vali per cosa fai, non per ciò che sei.
Subpersonalità e crescita dell’Io di Mauro Scardovelli, pag. 206
Sono bambini che hanno una continua paura di commettere errori, e sono accompagnati dalla sgradevole impressione di non fare mai abbastanza.
Caratteristiche di questa sub sono la rigidità nel comportamento, la mancanza di spontaneità, il senso di colpa percepito per “non aver fatto bene”.
Una tale sub si può creare sia in un ambiente familiare rigoroso, improntato a rigide regole, sia in un ambiente familiare caotico, privo di regole, dove il bambino sperimenta smarrimento e, per non essere invaso dalla paura dell’ignoto, si dà egli stesso ferree regole nel tentativo di controllare ciò che lo circonda.
Come il depresso, anche l’ossessivo è carico di rabbia e ostilità, ma in modo diverso: non è stato l’amore a mancargli, a lui non è stato permesso di esprimere se stesso, si è sentito ingabbiato. La sua diventa quindi “una rabbia da contrapposizione, da sfondamento di ciò che gli impedisce di autoaffermarsi”.
La maschera che indossa l’ossessivo è quella del “bravo bambino”, il bambino modello. Si trova ingabbiato nello schema del “giusto e sbagliato”: ogni sua azione deve essere giusta e perfetta, da qui la sua grande indecisione, il dubbio, il “non sapere cosa fare”.
Il suo è un pensiero dicotomico che si basa sul “o…o”, non inclusivo “e…e”: o questo o quello, l’opzione questo e quello non viene contemplata.
Al suo interno risiede un giudice implacabile verso se stesso e verso gli altri.
E le sue risorse? L’ossessivo è una persona competente, precisa, meticolosa, coscienziosa.
Se riesce ad andare oltre al pensiero dicotomico e giudicante, se riesce a fluire con la vita può mettere al servizio queste sue qualità realizzando grandi cose.
Subpersonalità isterica/istrionica
I caratteri istrionici si presentano come seduttivi, affascinanti. Vogliono fare colpo. Vogliono essere al centro ed attirare l’attenzione. Hanno sempre bisogno di un pubblico.
Subpersonalità e crescita dell’Io di Mauro Scardovelli, pag. 252
Nel caso dell’istrionico la ferita sperimentata è quella dell’esclusione. È una ferita successiva a tutte le altre.
Gli ambienti familiari che predispongono alla nascita di questa sub sono spesso ambienti caotici, contraddittori, imprevedibili, privi di una guida.
Il bambino viene punito oggi per qualcosa di cui domani non ci si accorgerà nemmeno o addirittura lo si premierà. Oppure, il bambino non viene preso sul serio, come se fosse troppo piccolo, troppo stupido, troppo poco importante per rispondere alle sue domande.
Il messaggio che è arrivato all’istrionico è “non crescere, non pensare” e infatti con una tale sub si fa fatica a pensare in modo adulto, si ha l’incapacità di assumersi responsabilità.
Quindi in un ambiente familiare caotico due bambini potrebbero sviluppare due sub molto diverse: l’uno essere predisposto a una sub ossessiva, l’altro orientato a una sub istrionica.
Vi è anche un diverso ambiente familiare da cui tipicamente può generarsi un istrionico. Tale ambiente fa riferimento a
modelli genitoriali non improntati all’autenticità, che guardano più all’apparenza, al successo esteriore, alla mondanità, alla rispettabilità, all’opinione degli altri, più che alla verità dei sentimenti, alla sincerità, al rispetto di sé stessi e dei figli come persone. In questo tipo di famiglia il bambino avverte la falsità dei rapporti, la non comprensione e rispetto dei suoi veri bisogni.
Subpersonalità e crescita dell’Io di Mauro Scardovelli, pag. 253
E il bambino finisce per adeguarsi a tali modelli indossando lui stesso una maschera e recitando un copione. L’istrionico, infatti, è un bravissimo attore.
La rabbia dell’istrionico è caratterizzata dalla paura di essere squalificato, ignorato, svalutato, non riconosciuto.
La rabbia del depresso è per non aver ricevuto amore; quella dell’ossessivo è per essere stato bloccato, ingabbiato; quella dell’istrionico è rabbia di chi, giunto sulla scena della vita, è stato ignorato, non riconosciuto, non visto come persona. La sua identità non è stata compressa e ingabbiata come nell’ossessivo: la sua identità è stata ignorata. Di qui il suo grande bisogno di affermarsi, e dire: io, io!
Subpersonalità e crescita dell’Io di Mauro Scardovelli, pag. 254
Nell’istrionico troviamo un grandissimo bisogno di affermazione che lo spinge anche a imporsi, a schiacciare gli altri, a renderli schiavi. La sub istrionica necessita di plauso e applausi, non può tollerare le critiche.
Quali, al contrario, le risorse? L’istrionico è molto bravo a cogliere i sentimenti dell’altro, sa creare un forte coinvolgimento e attrazione. È una persona flessibile, “sa vedere le cose in modi sempre nuovi, è creativo. Ha immaginazione, fantasia. Sa creare nuovi mondi, nuove storie”.
Subpersonalità tra meccanismi di difesa e opportunità
Ogni subpersonalità è una struttura difensiva, ci difende dal riprovare un certo dolore sperimentato durante l’infanzia. Ma la presenza del dolore da che cosa ci difende?
Dal tenere aperto e quindi vulnerabile il nostro nucleo o sé profondo. Il depresso ha ricevuto troppi rifiuti; l’ossessivo ha subito troppe costrizioni; lo schizoide ha subito troppa estraneità; l’istrionico ha ricevuto troppa disattenzione. Ognuna di queste cose ha prodotto troppo dolore nel bambino. Il dolore gli insegna a chiudersi, ritirarsi, corazzarsi, oppure a compiacere, manipolare, sedurre o a contrapporsi. In ogni caso egli blocca la sua naturale apertura e spontaneità. Perde la capacità di amare, e quindi di essere amato. Perde la capacità di affidarsi, e quindi di ricevere.
Subpersonalità e crescita dell’Io di Mauro Scardovelli, pag. 259
Le subpersonalità possono apparire prigioni, fortezze che ci impediscono di esperire chi siamo davvero, la nostra essenza, ma in realtà conoscendole offrono un grande dono: ci permettono di intraprendere un viaggio a ritroso, per ritrovare il bambino che siamo stati, prenderlo per mano e aiutarlo a riscoprire il piacere di vivere, vivere a modo suo. In un certo senso potremmo anche vederlo come un riscatto, una rivendicazione: eccomi, sono io, sono questo. Ti va di conoscerci?
Nel libro di Scardovelli, al termine di ogni capitolo dedicato a una delle subpersonalità, vi è un riepilogo dei principali aspetti, molto utile data la ricchezza e complessità di ciascuna sub.
In conclusione, questo articolo non può che essere un accenno all’argomento, una sorta di stuzzichino per decidere se approfondire o meno un aspetto di noi stessi che tanto ci condiziona anche se spesso in modo inconsapevole. Diciamo che è un po’ come se fosse il primo passo di un viaggio, un viaggio lungo e affascinante che, a modo suo, porterà a nuove scoperte.
Informazioni sul libro
Titolo: Subpersonalità e crescita dell’io
Autore: Mauro Scardovelli
Editore: Borla
Pagine: 520
Acquistalo su Amazon.it
Immagine in apertura di Kristin Brown