Scritto da Pensiero Distillato AeP Recensioni libri

La vita schiva di Duccio Demetrio

Gli altri sono troppi, per me.
Ho un cuore eremita.
Sono
impastata di silenzio e di vento.
Sono antica.
Mi pento ogni volta che vado
lontano dal mio stare lento
nella velocità della sera…

Mariangela Gualtieri

Sebbene di introversione io abbia già scritto, così come di timidezza, oggi mi è capitato tra le mani un vecchio libro e ho iniziato a sfogliarlo. Son passati ormai più di dieci anni da quando lo lessi la prima volta, una vita fa. Quanta acqua è passata sotto ai ponti nel frattempo! Eppure rileggendo alcuni passi mi sono resa conto che questo libro ha ancora qualcosa da dire o forse si tratta solo di qualcosa a cui io voglio dare spazio.
Ho ripensato alla persona che ero, che sono stata e mi sono detta che sì, valeva la pena riprenderlo e parlarne perché forse da qualche parte, là fuori, c’era qualcuno che certe cose non le sapeva ancora e aveva bisogno di sentirsele dire. 

Ma si può sapere di che libro sto parlando? Eccolo: si tratta di La vita schiva di Duccio Demetrio. Poche parole per introdurlo e poi si parte per un nuovo viaggio nell’emisfero introverso:

La timidezza oggi non è di moda. L’essere timidi, per indole o per scelta, quando si adotti un contegno schivo, silenzioso, asciutto, è ritenuto spesso uno svantaggio, un modo sfuggente e incomprensibile di stare al mondo.

Duccio Demetrio è un pedagogista e filosofo, autore di numerosi saggi. Lo stile del libro, però, è tutt’altro che accademico, lo definirei piuttosto filosofico-poetico e, in un certo qual modo, descrive molto bene l’universo di una persona introversa.

La più grande cosa del mondo è saper stare con se stessi

Michel de Montaigne
Immagine di Mark Timberlake

Non diamo per scontato che per un introverso sia più facile stare con se stesso, stare bene con se stesso, perché anche per chi si sente naturalmente propenso alla solitudine e al silenzio, il cammino può essere costellato di ostacoli. Del resto chi più di un introverso è portato prima o poi a chiedersi: perché non sono come tutti gli altri?
Perché chiederselo? Perché crucciarsi per un sentire che è semplicemente diverso?
L’autore spiega molto bene la profonda convinzione che accompagna l’etichetta di “timido” e “introverso” nella nostra società:

Stante l’opinione comune che la timidezza costituisca la malasorte di tutti coloro che sembrerebbero non essere all’altezza delle richieste pressanti dell’obbligo di essere socievoli ed estroversi, ad ogni costo, e che la solitudine ne sia la scontata interfaccia. Secondo quanto formula un’equazione trita, ma di gran presa: il timido è tendenzialmente una donna o uomo di insuccesso o che si accontenta di poco, senza ambizioni, la cui sconfitta non può che comportare la solitudine. La proposizione si fa sillogismo, all’incirca così: “Tutti i solitari sono timidi e quindi dei falliti, tutti i falliti lo sono a causa della loro timidezza”. Quasi la timidezza fosse una forma di sensibilità che sempre ci condanna all’infelicità. Poiché intralcerebbe vistosamente – o nei misteri dell’intimità individuale – il normale inserimento nelle regole (socialmente dipendenti) della sopravvivenza.

Duccio Demetrio, La vita schiva, pag. 36

L’approccio introverso davvero condanna all’infelicità?
Ecco la domanda a cui tenta di rispondere l’autore esplorando senza risparmiarsi un mondo ancora a molti celato e misterioso, un mondo che, proseguendo nel viaggio, si scopre invece essere ricco e con molto da offrire.

La timidezza non è unicamente un’indole, un carattere umano. È alla fonte di una maniera di essere. Così profondamente radicata da pervadere un’intera vita, rendendola schiva e non per questo infelice.

Immagine di Kien Do

La solitudine

Partiamo da questo spauracchio: anche della solitudine ho già scritto perché su certi argomenti è molto importante mettere i puntini sulle i. E se la solitudine invece che qualcosa da temere fosse una conquista?
Come scrive l’autore:

… la ricerca volontaria della solitudine è ancora e fu soprattutto l’esito contrastato di una conquista emotiva e civile costata millenni e millenni di evoluzione. Ciascuno di noi, inseguendo e adempiendo alla propria individuazione, non fa altro che ripetere, in una manciata di anni, una vicenda millenaria che chiama ogni organismo vivente a demarcare la propria singolarità, a distinguersi, a isolarsi.

Duccio Demetrio, La vita schiva, pag. 43

La voglia di non avere nessuno intorno, di starsene tranquilli per conto proprio a “sbrigare le proprie faccende”, a fare ciò che si ama è un irrinunciabile diritto, scrive Demetrio, non un capriccio dell’animo in crisi. Eppure quanto spesso ci capita di sentirci dire: se non vuoi stare con me è perché non mi vuoi bene, forse non mi sopporti?
Come spiegare a chi “ha bisogno di stare in compagnia” che non c’è nulla di personale nel bisogno di trascorrere del tempo per conto proprio? Al contrario, è dopo aver potuto soddisfare un’esigenza vitale che si ritrova il piacere di stare insieme, di passare del tempo condiviso.

Nella solitudine l’introverso incontra se stesso, si conosce meglio, si prepara per l’incontro con l’altro. Un incontro che non è superficiale, figlio di un mondo che va sempre di fretta, che teme gli spazi vuoti, i silenzi. Quando l’introverso esce dalla sua “tana” lo fa con una missione: porta uno sguardo che si sofferma, un tempo che non corre, ma rallenta, e alle volte si ferma per stare, per ascoltare. L’introverso quando si concede c’è, è presente: non guarda il cellulare mentre è a pranzo con un’altra persona, non parla di sé senza lasciare spazio all’altro per raccontarsi.

La timidezza è la manifestazione più autentica di una sincerità che si vorrebbe nascondere.

Duccio Demetrio, La vita schiva, pag. 69
Immagine di Louis Hansel

Una condizione genetica

Un altro aspetto interessante trattato in La vita schiva sono le ricerche scientifiche svolte sul cosiddetto “gene della timidezza”: chi presenta questo tratto peculiare nella sua personalità, infatti, sarebbe portatore di un gene specifico, il 5-HTTLR.

Chi ha il gene è più inibito dei suoi coetanei, non riesce a incontrarsi con gli altri, rischia l’emarginazione. Non solo ha molte probabilità di diventare, da adulto, una persona ansiosa, un alcolista, ad esempio, dal momento che l’alcol è uno dei più potenti ansiolitici che si conoscano.

Tratto dalla ricerca “L’ansia deriva dalla timidezza infantile”

Condannati, quindi? La timidezza si traduce a tutti gli effetti in una sorta di malattia genetica? Risponderò con un’immagine (che val più di mille parole 😛 ):

Demetrio racconta le conclusioni a cui è giunto il mondo psicologico e poi va oltre chiedendosi:

Ma perché la “natura” insiste a tirare fuori dal pool genetico una quota di corredi introversi? Dal momento che costoro rappresenterebbero un costo sociale, una “quota minoritaria” disfunzionale? Perché l’introversione non è incorsa nella selezione naturale? La risposta illuminante è che “i corredi introversi contengano delle potenzialità indispensabili per la sopravvivenza e l’evoluzione della specie”.

Duccio Demetrio, La vita schiva, pag. 119

La risposta è tratta dal libro Timidezza. Paure e fascino di un sentimento di Fausto Manara il quale spiega che “una parte rilevante della cultura … è dovuta agli introversi. […] Se si cancellasse dalla storia il contributo degli introversi, il patrimonio culturale dell’umanità ne uscirebbe irrimediabilmente impoverito.”

Immagine di Kira auf der Heide

Danzando tra luci e ombre, parole e silenzi

La vita schiva è un libro ricco, denso, difficile condensarlo in un articolo, ma come sempre offro un assaggio che, spero, possa far desiderare un pasto più sostanzioso. 😉
Dall’infanzia all’adolescenza, dalle prime relazioni interpersonali ai primi amori… l’universo di un introverso è un viaggio intergalattico; avvicinandosi e sbirciando dentro un visitatore facilmente potrebbe sorprendersi ad esclamare la stessa frase che sempre accompagna la scoperta del Tardis nel Doctor Who: “Ma è più grande dentro!”
Oh sì, un introverso da fuori sembra piccolo, grigio, poco interessante, ma dentro… dentro è più grande, dentro è immenso.

I timidi, fin dall’asilo, vengono spintonati dai primi disinibiti della storia. Più intenti nel piacere di giocare da soli, il bambino e la bambina spersi e sensibili, avranno potuto salvare il meglio di questa loro precoce vita appartata, se saranno stati incoraggiati dai grandi a difendere il loro angolo. Soltanto così, in seguito, potranno sentirsi preparati a darsi un’esistenza schiva per il puro diletto della solitudine. Poiché il timido, che abbia superato i lati più penosi della sua condizione, in piena consapevolezza, avrà appreso a proprie spese che il dubbio, l’ironia, l’immaginazione sono la intima verità.

Duccio Demetrio, La vita schiva, pag. 73

Informazioni sul libro

Titolo: La vita schiva
Autore: Duccio Demetrio
Editore: Raffaello Cortina Editore
Pagine: 270

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Immagine di Thomas Peham

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Tag: , Last modified: 22 Gennaio 2024