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Il cognome delle donne di Aurora Tamigio

Recensione scritta da Silvana Pincione

Se c’è un privilegio nel leggere un romanzo ambientato in un’epoca passata, è quello di dare al proprio potenziale immaginativo la massima libertà d’espressione. È proprio questa l’esperienza che ho vissuto immergendomi nella lettura de Il cognome delle donne.
L’autrice, Aurora Tamigio, palermitana di nascita ma milanese di adozione, è copywriter e caporedattrice del magazine di informazione cinematografico Silenzioinsala.com e autrice di diversi cortometraggi. Il cognome delle donne è il suo romanzo di esordio come scrittrice.

La storia di Rosa, fiore che resiste ai rigori dell’inverno, donna e madre coraggio

È la Sicilia dei primi del Novecento a dare i natali a Rosa Quaranta, la prima protagonista. Rosa nasce in un paesino abbarbicato alle montagne, una terra inospitale, in una famiglia altrettanto non accogliente, prematuramente orfana di madre, unica figlia femmina con un padre padrone che in casa mette in campo la legge del più forte che punisce e che impone il proprio volere sui figli con la violenza e la coercizione, sulla base della logica inoppugnabile secondo cui “la fimmina è comu ‘a campana: si ‘na scotuli ‘un sona”. Ma Rosa crescendo rivela di avere un’ossatura forte, più forte dei lividi e delle ferite che le sono state inferte, lenite e medicate nel corso degli anni dalle “poltiglie” e dagli “intrugli” a base di erbe preparate dalle mani pietose della Medica. E lo dimostra quando, una volta cresciuta, sceglie di tagliare i ponti con la sua famiglia, alla ricerca di nuovi orizzonti. Durante la sua fuga si imbatte in Sebastiano, l’uomo con cui metterà su famiglia, un uomo molto diverso da suo padre, un uomo che non conosce il linguaggio delle percosse per imporre la propria volontà su una donna perché non avendo mai avuto “padre, madre e sorelle” era “l’unico uomo al mondo che non sapeva come suonargliele”.

A breve distanza dal matrimonio nascono Fernando, Donato e Selma, la figlia femmina tanto desiderata da Rosa. La nascita dei figli sembra essere per Rosa il corollario perfetto di una vita finalmente tranquilla, spesa tra la casa e l’osteria aperta con il marito, che prospera e fa affari grazie ala numerosa affluenza degli abitanti della zona. Ma allo scoppio della guerra e la chiamata al fronte di Sebastiano, si apre per Rosa un nuovo e doloroso capitolo della sua vita:

[…] Quella mattina era rimasta a guardare la schiena di suo marito, che invece di stare dov’era giusto, nel letto con lei, si allontanava verso la strada sterrata[…]Il suo corpo era diventato un puntino in fondo alla via ed era scomparso. Da quel momento, Rosa aveva iniziato ad aspettarlo.

Il cognome delle donne, Aurora Tamigio

Ma Rosa è un fiore che resiste anche davanti alle condizioni più estreme, che non piange e non si dispera, ma trasforma il suo dolore in una risorsa nel senso etimologico del termine: come via per risorgere. Sebbene la guerra le avesse “fatto conoscere il terrore e la realtà di restare sola e perdere chi amava”, sono I figli a darle la forza di rimettersi in gioco, quegli stessi figli che avrebbe difeso a qualunque costo da “chiunque glieli avesse toccati”, che poteva stare certo “che il giorno dopo si sarebbe trovato a pezzetti dentro il pentolone della zuppa”.

In tutta la vita non aveva mai avuto davvero paura: si era difesa dalle cinghiate di suo padre, non l’aveva spaventata l’idea di lasciare la famiglia per seguire suo marito, non si era data la pena di urlare chissà quanto durante i tre parti.

[…] […] aveva anche pensato di chiudere l’Osteria, ma il buon senso e tre figli da crescere erano stati una valida motivazione per tornare a cucinare. Cucinava per chi aveva fame[…]ma […]anche per le donne malate e quelle che non potevano muoversi da casa […]

Il cognome delle donne, Aurora Tamigio

La storia di Selma, fiore fragile e delicato

Non basta avere carattere da vendere come Rosa per generare una figlia che replichi le stesse qualità. E in effetti, Selma non potrebbe essere più diversa da sua madre. Fin da piccola, non brilla di intraprendenza, si disinteressa alle discipline materne, viene additata dalla gente come educata e dolce:

Che sua figlia fosse venuta così silenziosa e calma somigliava ad una maledizione […]

Selma era uguale a lei nei capelli biondi, nella pelle chiara e negli occhi celesti, ma sembrava avere in sé lo spirito di Sebastiano Quaranta.

Il cognome delle donne, Aurora Tamigio

Etera e riservata, Selma rifugge dall’ambiente rumoroso e affollato dell’osteria per rifugiarsi nel ricamo, disciplina a cui si dedica con passione e solitudine nel cortile del retro:

Là c’era un muretto affacciato sulle montagne e gli unici suoni erano quelli dei canali attorno ai campi coltivati […] degli uccelli e del vento contro gli alberi.

Il cognome delle donne, Aurora Tamigio

Come per la madre Rosa, anche per Selma la vita si divide in un prima e un dopo e a sancire la cesura è l’incontro con l’uomo che diventerà suo marito, Santi Maraviglia.

Una cosa andava detta su Santi Maraviglia: non era davvero niente di che. Non era cattivo, non più degli esseri umani in genere e non era neanche particolarmente buono di cuore: puntava a raggiungere la propria soddisfazione e, vista quella, il resto poteva passare oltre.

Il cognome delle donne, Aurora Tamigio

Ma le similitudini si fermano qui. Selma è un fiore che basta un soffio di vento a spezzare. Neanche l’esperienza della maternità, né la cura delle tre figlie Patrizia, Lavinia e Marinella, è sufficiente a fortificarla. Se Rosa rappresenta la femminilità in tutto il suo potenziale di resilienza, Selma ne incarna il lato vulnerabile. Se Rosa si era ribellata alle sopraffazioni del padre, Selma non solo si piega ai soprusi del marito, ma ne accetta le condizioni come inesorabili, anche nel momento in cui assumono la forma di “insegnamenti” e “principi educativi” che l’uomo è convinto di impartire alle figlie sulla base della pedagogia nera già perseguita dal padre di Rosa.

Patrizia, Lavinia, Marinella: tre donne alla ricerca di se stesse, sotto il segno del ricordo di Rosa e Selma

Ma ogni storia di famiglia è fatta di tanti rami e per una sorta di alchimia generazionale può accadere che il carattere delle nonne transiti per osmosi nelle nipoti, così come quello delle figlie alle madri. E così succede che Patrizia erediti il carattere intransigente di Rosa, tipico di chi si spezza ma non si piega, un carattere che la porta a ergere uno scudo coriaceo a barriera difensiva dal dolore: non a caso, delle tre sorelle sarà quella con il rapporto maggiormente conflittuale con i genitori ed in particolare, con il padre.

Patrizia, con gli occhi fiammanti, aveva marciato nella sua stanza pestando i piedi. Si era chiusa dentro, graffiando il copriletto di rabbia e soffiando l’umiliazione dalle radici […] Aveva tirato su col naso, respingendo le lacrime, intenzionata a mostrare […]che sarebbe stata un mese senza mangiare, se serviva a dimostrare che aveva ragione lei.

Il cognome delle donne, Aurora Tamigio

Se Patrizia è combattiva e determinata, Lavinia somiglia alla madre nei tratti somatici gentili e delicati e nel temperamento docile, ma grazie al suo esempio e a quello della “mamaranna” Rosa è dotata anche di una buona capacità di osservazione e di senso pratico, che trovano la loro  massima espressione nell’esercizio abile della manualità:

Lavinia passava così tanto tempo con sua nonna che ormai sapeva convincerla a fare ogni cosa. Non era difficile: bastava avere pazienza, maniera ed intelligenza.

Quando Marinella si era chiusa un dito dentro la porta di casa, ed era diventato tutto blu e gonfio, era stata Lavinia che glielo aveva fasciato, steccato e curato ogni sera con impacchi di ghiaccio […] Quello che Rosa sapeva cucinare, Lavinia era capace di replicarlo quasi uguale […] Quando tornavano cariche di verdura e mezze svenute per il caldo, Rosa guardava Selma china sulla macchina da cucire.

Il cognome delle donne, Aurora Tamigio

Marinella, nata a parecchi anni di distanza delle sorelle, come tutte le ultimogenite è un po’ un mondo a sé, destinato a lavorare il doppio per raggiungere un’autonomia decisionale perché deve fare i conti con l’autorevolezza delle sorelle maggiori. Quando si ritroverà a sottostare alle loro scelte di vita, sarà quella che per la giovane età pagherà il conto più salato di tutte:

Marinella faceva spesso pensieri […] che non erano né le invettive di Patrizia né i lamenti di Lavinia, a lei non riusciva di trasformare in parole quello che sentiva. Somigliava allo stato di una persona scampata ad un incendio, che aveva respirato così tanto fumo nero da avere i polmoni abbrustoliti di polvere tossica, la gola arsa e la lingua secca.

Quando sentiva le sorelle o gli zii parlare di Santi Maraviglia, una coltre scura di fuliggine le si allargava al petto […] Lavinia chiamava quella cosa “nervoso di serpe” e quando capitava, con Marinella non si poteva né parlare né ragionare.

Il cognome delle donne, Aurora Tamigio

La prima condizione posta dal percorso di auto affermazione delle tre sorelle sarà quella di prendere fisicamente le distanze dal padre, proprio come fatto da Rosa tanti anni prima, ma con il vantaggio di poter compiere insieme questo grande salto. E saranno proprio la complicità e la solidarietà mostrate l’una verso l’altra a permettere alle tre giovani di ritrovare una nuova unità e una nuova identità familiare, pur nel rispetto della propria individualità.

Il percorso verso l’autonomia: il cognome come simbolo di dignità e libertà individuale 

L’esperienza della madre in questo senso sarà edificante soprattutto per Patrizia, diffidente verso gli uomini, che respinge appena sente mancarsi di rispetto. Lavinia, venuta su a pane e rotocalchi rosa, inseguendo il sogno glorioso di fare l’attrice, vorrebbe un amore da film, ma deve fare i conti con la realtà. Marinella che Patrizia ha posto sotto la sua ala protettiva, condivide la diffidenza verso l’altro sesso della sorella maggiore, ma con una conflittualità di fondo rispetto al desiderio opposto di mettere da parte le resistenze e lasciarsi andare. Ma al di là delle diverse esperienze di vita e delle  differenti risposte emotive messe in campo dalle tre sorelle rispetto agli eventi, sarà l’affetto del ricordo mai sopito nei confronti delle figure femminili della famiglia di origine – la forza battagliera di nonna Rosa, la dedizione e la tenerezza di madre Selma – a rafforzare il loro legame, gettando le basi dell’autonomia di ognuna di loro. Autonomia che trova nella consapevole scelta di rivendicare il proprio cognome il suo compimento: perché il cognome ricorda loro da dove le sorelle Maraviglia vengono, ma al contempo simboleggia la volontà di affrancarsi dal giogo del senso di appartenenza maschile legittimato dalla cultura del tempo – giogo che le donne della loro famiglia hanno conosciuto in tempi e in modi diversi e da cui a loro è stata data l’opportunità di potersi liberare.

Un perfetto concerto di voci per un romanzo dal carattere corale 

Quando i personaggi a cui dare voce sono così numerosi, non è semplice trovare uno stile funzionale all’impresa. Aurora Tamigio affronta brillantemente questa difficoltà, ripartendo il discorso narrativo in blocchi – ognuno dei quali concentrato sulla storia di un personaggio femminile – e  affidando ad un narratore oggettivo il compito di supervisionare l’impalcatura strutturale della sua opera. Il risultato è un romanzo corale, in cui il concerto delle varie voci che via via si alternano – quelle delle famiglie Quaranta e Maraviglia, ma anche dei tanti personaggi  minori: su di tutti fratelli di Selma Donato e Fernando – si armonizza nell’adozione di un registro linguistico condiviso, di stampo  verghiano, che aderisce al parlato locale, ad un lessico popolare, colloquiale, basso, con incursioni frequenti del dialetto. 

Il cognome delle donne è un libro dal carattere profondamente attuale, che fa parlare le donne senza filtri, abbattendo i pregiudizi e gli stereotipi di un modello di patriarcato ancora profondamente radicato da un punto di vista culturale e sociale. Un romanzo che non solo mostra come le storie di chi ci ha preceduto, in tutto il loro carico di ferite, siano edificanti per il nostro presente e futuro, ma anche e soprattutto di come solo diventando consapevoli del nostro valore e della nostra dignità di donne sia possibile veramente farne tesoro e diventare persone migliori – modello, a nostra volta, dei nostri figli e delle figure significative della nostra vita.    

Informazioni sul libro

Titolo: Il cognome delle donne
Autore: Aurora Tamigio
Editore: Feltrinelli
Pagine: 416

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Immagine di Christel

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Tag: Last modified: 21 Gennaio 2024