Scritto da Pensiero Distillato AeP Psicologia

Le quattro fasi del perdono

Nel libro Donne che corrono coi lupi Clarissa Pinkola Estés delinea quattro fasi in cui si articolerebbe il difficile percorso che conduce al perdono.

Dal suo etimo, perdonare significherebbe “donare”, “rilasciare”, “assolvere dalla pena”, “rimettere una colpa, un’offesa”. Il perdono è un dono, una grazia che, in apparenza, si concede all’altra persona, ma in realtà ne siamo noi i primi beneficiari, quando infine lasciamo andare rancore e recriminazioni.
Si dice anche che il perdono sia una concessione divina: quando riusciamo (davvero) a perdonare qualcuno per un torto che ci è stato fatto (o pensiamo ci sia stato fatto) compiamo un atto che va oltre l’umano, qualcosa che sentiamo dentro di noi in modo inequivocabile. Non si tratta di debolezza o di un apparente buonismo, ma di una sorta di liberazione che concediamo a noi stessi e all’altro: non perché necessariamente ci sia stato un chiarimento, al contrario, proprio quando non c’è stato o non c’è possibilità di riparare al torto subito, il perdono giunge come condono: “Ti libero dal debito che hai contratto con me e libero me stesso da una riscossione dolorosa”.

1. Prendere le distanze – lasciar cadere

Il primo passo è mettere una giusta distanza tra sé e la persona o l’evento che ci ha ferito. Allontanarsi per un po’, non rimuginare, prendersi una pausa da quanto è successo. Si tratta di una fase momentanea ma propedeutica alle successive.
Si fa spazio attorno a sé per ricaricare le energie, per rafforzarsi e dedicarsi a ciò che ci rende felici. Spesso ci si sente in dovere di “chiarire”, di “ribattere” per non lasciare nulla in sospeso, ma potrebbe sorprenderci scoprire quanto sia preferibile il contrario: prendersi una sorta di vacanza per imparare, con l’allenamento, a diventare più agili e forti nel distaccarsi dalle questioni.

Prendere le distanze significa prendere la tessitura, la scrittura, la navigazione nell’oceano, fare cose interessanti e belle che vi rafforzano, e lasciare che il problema casa per qualche tempo nell’oblio. È giusto, e di grande aiuto, fare così.

Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi

2. Astenersi – evitare il castigo

Il secondo passo riguarda l’astenersi da pensieri di vendetta: fare un passo indietro, vivere l’intera situazione in modo un po’ meno personale, come se fosse capitato ad un’altra persona. Mettere in atto una piccola dose di pazienza e clemenza.

Astenersi vuol dire avere pazienza, resistere, incanalare l’emozione. […]

Potrete trattenervi dal mugugnare, dall’agire in modo risentito e ostile. Trattenersi da un inutile castigo rafforza l’integrità dell’azione e l’anima.

Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi

3. Dimenticare – estirpare dalla memoria, rifiutarsi di indugiare

Dimenticare, in questo contesto, non significa cancellare, ma andare oltre, rifiutarsi di indugiare su quanto è successo e sul dolore che ha provocato. Si lascia che la questione finisca in secondo piano, sullo sfondo.

Dimenticare è un gesto attivo, non passivo. Significa non sollevare taluni materiali, non continuare a rigirarli, non commentarsi con pensieri, immagini, emozioni ripetitivi. […]

Questo oblio non annulla la memoria ma mette a riposo l’emozione che avvolge la memoria.

Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi

Ci si rimette in primo piano, si torna ad essere i protagonisti della propria vita, non i personaggi secondari che reagiscono a qualcuno o qualcosa, ma gli eroi che agiscono e vivono così come desiderano.

4. Perdonare – rimettere il debito

Alla fine del percorso ecco il perdono.

È importante ricordare che il perdono “definitivo” non significa resa. È la decisione conscia di smetterla di nutrire risentimento, il che implica rimettere un debito e rinunciare alla rappresaglia. Dovete essere voi a decidere quando perdonare e con quale rituale segnare l’evento. Sarete voi a stabilire quale debito non dovrà più essere pagato.

Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi

Vi sono diversi gradi di perdono: quello totale che rimette ogni debito; quello parziale per cui “quello che è stato è stato”; quello che non induce oltre e semplicemente lascia perdere anche se l’altro non ha in alcun modo restituito nulla.

Il perdono è un atto creativo. Avete un’ampia scelta fra molti modi onorevoli. Potete perdonare per ora, per un po’, fino alla prossima volta, perdonare ma non offrire ulteriori possibilità. Potete offrire una possibilità, varie possibilità offrirle soltanto se. Potete dimenticare un’offesa in parte, per metà, o del tutto. Potete divisare un perdono simile a una coltre. Sta a voi decidere.

Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi

Infine, come potete sapere se davvero avete perdonato una persona?

Proverete più dispiacere che collera, la persona vi farà più pena che rabbia. Non vi resterà nella memoria nulla da dire. Per cominciare, comprendere la sofferenza che ha prodotto l’offesa. Preferirete restarne fuori. Non vi aspetterete nulla. Nessun laccio stretto ai fianchi vi ritrascina lì. Siete libere di andare.Forse non ci sarà il finale e poi vissero felici e contenti, ma quasi per certo ci sarà un nuovo C’era una volta per ricominciare.

Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi

In effetti è proprio così: il rancore, il risentimento, il desiderio di vendetta sono lacci che ci legano stretto fin quasi a toglierci il respiro. Il perdono non è qualcosa di semplice da attuare, ma possibile, soprattutto quando il dolore che ci provoca finisce per annichilirci impedendoci di voltare pagina. Il perdono diventa quindi una possibilità di affrancarsi, liberandosi di un peso inutile, per proseguire il viaggio un po’ più leggeri, schiena dritta, testa alta, senza più guardarsi indietro.

Informazioni sul libro

Titolo: Donne che corrono coi lupi
Autori: Clarissa Pinkola Estés
Editore: Pickwick Libri
Pagine: 571

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Immagine di Alex Shute

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Last modified: 14 Gennaio 2024