Premetto che non parlerò nello specifico di come si promuove un libro (al fondo dell’articolo troverete qualche risorsa utile) né tantomeno recensirò il film Il mistero di Henri Pick, ma ne prenderò spunto per una riflessione sul mondo dei libri e della loro promozione (quindi se non avete visto il film… attenzione spoiler!).
Nel mondo dell’editoria esiste una verità universalmente riconosciuta*: viviamo in una società dove il numero degli aspiranti scrittori supera quello dei lettori. Tutti (o quasi) vorrebbero scrivere, pochi (perlomeno rispetto ai primi) amano leggere. I libri oggi sono un prodotto come qualunque altro e i loro autori testimonial di se stessi, per cui più sono celebri meglio è perché il prodotto si venderà da solo. Altrimenti… altrimenti bisognerà promuoverlo e lì son dolori.
Come promuovere un libro, un prodotto unico nel suo genere, presso un pubblico sempre più distratto e restio ad abbandonare un piatto già pronto e servito (i film, ad esempio) per uno che necessita della sua collaborazione per essere cucinato (un romanzo richiede uno sforzo d’attenzione e immaginazione maggiore)?
Definisco i libri un prodotto unico nel loro genere perché, rispetto ad altri prodotti, pur presentandosi nella forma l’uno simile all’altro, in realtà ciascuno narra una storia che è sua e solo sua. Nessun libro è interscambiabile con un altro.
Quante sono le storie che circolano, che sono circolate e circoleranno in futuro? Sempre di più se consideriamo anche la facilità con cui oggi è possibile autopubblicare un’opera bypassando il filtro di un editore.
Giusto? Sbagliato? E chi può dirlo… se i tempi offrono un’opportunità perché non approfittarne? Le società evolvono e i mercati con loro. E dove si manifesta una domanda ecco che nasce un servizio che estende una possibilità una volta circoscritta, a tutti. Il problema di ottenere visibilità, però, rimane centrale. Come promuovere il libro di un esordiente? Di qualcuno che nessuno conosce e per cui nessuno, potenzialmente, prova un qualche interesse?
Ovviamente do per scontato di trovarci in presenza di un buon prodotto, di qualcosa che val la pena leggere. Sul concetto di “buono” e di “valore” dirò solo che non ne parlo in termini assoluti, ma relativi: buono per qualcuno, di valore per qualcuno. Un libro che, pur non potendo piacere a tutti, conservi una sua dignità nella storia che racconta e nel modo in cui la racconta.
Detto questo, passiamo alla nota dolente della promozione se:
- non siamo una persona famosa (non ancora perlomeno!);
- non abbiamo vinto un prestigioso premio (né ne siamo arrivati finalisti);
- non siamo stati recensiti da un famoso critico e nessun giornalista ci ha definiti “la rivelazione dell’anno”;
- per la casa editrice che ci ha pubblicati siamo uno dei tanti autori e dopo una piccola e canonica promozione presso qualche libreria ci ha lasciati a noi stessi e ai nostri “profili social in cui potremo promuoverci da soli”;
- abbiamo provato ad autopubblicarci e per questo, volenti o nolenti, l’onere della promozione grava tutto sulle nostre spalle.
Il mistero di Henri Pick
Dicevo: se così fosse, allora ci ritroviamo ad essere un piccolo pesce rosso in un oceano di pesci e i nostri tentativi di farci notare potrebbero risultare infruttuosi.
Certo, dipende anche dalla nicchia in cui rientra il nostro libro: ad esempio se ci siamo cimentati in un romanzo, l’impresa risulterà ancora più ardua.
Ed ecco che qui entra in gioco il film Il mistero di Henri Pick. Chi è Henri Pick? Chi era, in realtà, perché quando era in vita Henri faceva il pizzaiolo, era padre di famiglia e, in apparenza, non coltivava particolari aspirazioni letterarie. Poi un giorno una giovane e intraprendente redattrice decide di visitare una singolare biblioteca in un paesino della Bretagna: la biblioteca dei libri rifiutati. E lì, per caso, quasi fosse guidata da una mano invisibile trova il manoscritto di un certo Henri Pick (sì, proprio il nostro Henri Pick), lo sfoglia, ne legge poche righe e sbam! È amore a prima vista, è l’incontro del destino. La giovane torna a Parigi e propone il libro alla casa editrice per cui lavora. Anche il suo capo concorda: è buono, sì lo pubblichiamo e poi… ecco il poi che ci interessa. Poi il libro non solo racconta una storia, ma possiede a sua volta una storia che lo racconta, e come lo racconta! A questo punto qualunque professionista del marketing si commuoverebbe perché per il libro non si deve inventare nulla: la storia che lo accompagna è quasi più affascinante del romanzo che contiene. In fondo, ammettiamolo, quanto è più affascinante un buon libro scritto da un perfetto sconosciuto ormai morto, un libro ritrovato in una peculiare biblioteca, dove si conservano manoscritti rifiutati, e scoperto da una giovane redattrice per una sorta di sincronicità, rispetto a un buon libro scritto da un autore emergente e stop?
Nel film, una volta pubblicato il romanzo tutti vogliono sapere chi è Henri Pick e nessuno si interroga (o quasi perché è questo il primo punto di svolta nel film) sulla veridicità del ritrovamento. È una bella storia quella di Henri Pick il pizzaiolo che ora si scopre essere anche un talentoso scrittore; è intrigante l’idea di come il manoscritto sia stato ritrovato: è questa la storia che fa più rumore, che genera curiosità e promuove il libro quasi senza sforzo. Certo, le persone lo leggono e lo apprezzano (probabilmente non tutte, ma ok questa è un’altra storia) però pensiamoci: stesso libro, stesso romanzo, stesso talento, ma niente storia affascinante a fargli da cornice. Possiamo affermare che avrebbe suscitato lo stesso interesse, la stessa curiosità? Chissà, forse sì o forse no. L’interesse è volubile, l’attenzione scarsa.
Ed ecco che quello che gli esperti del marketing chiamano “storytelling” determina il successo o meno di un libro anonimo; ecco come la cornice diventa più importante della tela che contiene, perlomeno in un primo momento, quello cruciale.
Certo, ci sono anche altri fattori che entrano in gioco nel successo di un’opera, ma oggettivamente in un mercato inondato di prodotti, una bella storia cattura l’attenzione più di tanti cartelloni e parole che seppur lodevoli, suonano un po’ noiose.
Cosa sto cercando di dire? Che se non esiste la cornice, la tela non verrà mai presa in considerazione? Senza una storia che racconti del libro, il libro non ha speranze? No, assolutamente no, ma è indubbio che la presenza di una cornice aiuti, ovvero se il libro è accompagnato da una storia che lo racconta, allora avremo una chance in più di farci notare. Ma le storie che possono accompagnare un libro sono tante e non per forza tutte curiose o sensazionali. La parte difficile rimane trovare la propria.
Perché val la pena leggere il vostro libro? A chi si rivolge e davvero manterrà ciò che promettete? Non importa se non piacerà a tutti, ma a qualcuno sì, a qualcuno dovrà piacere per avere un’occasione. Dev’essere una storia che qualcuno abbia voglia di leggere, che per qualcuno andava scritta. E se fate la vostra parte nel promuoverlo, è probabile che la vita faccia la propria, sempre con i suoi tempi e alle sue condizioni. Ma a prescindere da ciò non dimenticate la cornice, la storia della storia: pensate anche a quella e raccontatela. Trovate il modo di raccontarla bene e qualcuno, molto probabilmente, finirà per ascoltarla. 😉
Risorse utili per promuovere un libro
Libroza.com di Carmen Laterza – In italiano
Helping writers become authors di K.M. Weiland – In inglese
The Creative Penn di Joanna Penn – In inglese
Immagine in apertura di Eugenio Mazzone
Nota*: Jane Austen Orgoglio e pregiudizio (incipit): “È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo provvisto di un ingente patrimonio debba essere in cerca di moglie.”