Recensione scritta da Silvana Pincione
Ci sono temi tendenzialmente divisivi di cui è necessario parlare. Tra questi, il dualismo maternità/libertà di non essere madri, in tutte le sfumature che il dibattito può assumere nella nostra società, è oggetto di approfondimento del saggio di Ilaria Maria Dondi, giornalista professionista laureata in Lettere, che in qualità di direttrice responsabile della testata digitale Roba da donne, si occupa di giornalismo inclusivo, femminismo e parità di genere.
Donne con e senza figli: il rifiuto del dualismo
Quando le sfaccettature che caratterizzano un concetto sono tante, diventa fondamentale preparare il terreno argomentativo sgomberandolo da stereotipi e pregiudizi. Il rischio infatti è quello di semplificare una materia complessa e ricondurla a due modelli rigidamente statici, rinfocolando l’errata convinzione per cui tra l’avere o meno dei figli corra una contrapposizione tranciante, che chiama in causa la natura identitaria della donna stessa.
L’autrice parte da un quesito fondamentale: quanto di condizionato c’è nella scelta di diventare madri? Quanto la società – portata a identificare la maternità con la femminilità e la capacità riproduttiva femminile e che considera la stessa come (unica e possibile) espressione di realizzazione della donna, ha il suo peso nel processo decisionale? La domanda non è oziosa, giacché pende su di essa la spada di Damocle di un retaggio culturale atavico, che cristalizza la donna al suo ruolo materno, di fatto operando una rigida cesura rispetto a chi sceglie e non può avere figli, quasi la condizione di non genitorialità andasse considerata un’anomalia, una mutilazione della donna senza figli, “la condanna eterna e inappellabile a essere monche, irrealizzate, mai davvero intere senza un figlio”.
A livello storico e culturale, la donna senza figli è colei che non realizza nella maternità il suo destino e, così facendo, perde la possibilità e il diritto sociale di occupare il ruolo assegnato alla femmina nella storia, da sempre coniugata al maschile.
tratto da Libere di Ilaria Maria Dondi
L’archetipo della donna madre e il sistema patriarcale, tra violenze e persecuzioni
Ecco il fulcro della questione: sono la cultura e la storia – anche e soprattutto religiosa, ma non solo – a cui apparteniamo ad aver fissato l’archetipo della donna madre.
Archetipo che viene poi tramesso a livello familiare e introiettato da molte donne fin da bambine, attraverso la rappresentazione di se stesse come madri. Delegittimando la donna senza figli perché non uniformabile al ruolo materno precostituito – come accade, ad esempio, nel caso tipico della donna sterile – la si estromette dal sistema di convenzioni e dogmi stabilito dalla società, ma non solo: l’esclusione va di pari passo con la mancata accettazione della sua integrità.
Se la donna childless fosse stata accettata e non considerata monca, la sua diserzione avrebbe minato il sistema patriarcale alle sue fondamenta.
tratto da Libere di Ilaria Maria Dondi
Non essendo questa possibilità contemplata, la condizione della donna senza figli – espressione che in italiano difetta di un corrispettivo sinteticamente efficace come nella lingua inglese – finisce per assumere i toni tragici della punizione divina: lo stesso aggettivo sterile è significativo, perché rimanda al concetto di non produttività della terra caratteristico della cultura rurale arcaica, in cui sterile significa secco nel senso di portatore di siccità – prima causa di morte e carestia nelle prime civiltà stanziali. Ma se si guarda alla realtà nella sua complessità, si scopre come non necessariamente la consapevolezza di non poter concepire significhi essere irrisolti o condannate alla sofferenza.
Perché, allora, consegnare all’immaginario comune lo scenario della donna irrisolta e mutilata? La risposta secondo l’autrice può essere una sola:
Le donne senza figli fanno molta paura. Spaventano perché sovversive: an-omalie nel senso etimologico del termine, dove omalòs indica in greco ciò che è regolare, e an vale come prefisso privativo. Vivono cioè senza sottostare alla regola, patriarcale s’intende: ribellione pagata nei millenni in diritti negati e persecuzioni.
tratto da Libere di Ilaria Maria Dondi
Persecuzioni che si traducono nelle violenze e prevaricazioni subite dalle donne infertili – ripudiate o punite con l’adulterio presso diverse comunità in Africa – ma che non risparmiano neppure l’occidente, dove riguardano il mondo sommerso dell’industria della fertilità, sommerso in quanto non socialmente accettato né riconosciuto come coercitivo dalla donna stessa e che l’autrice identifica come “espressione di un capitalismo” che si serve di “logiche discriminatorie per realizzare i diritti e i desideri di poche persone, escludendo ed opprimendone molte altre”.
Non si tratta più solo del nostro desiderio, ma di una volontà riparatoria nei confronti dell’uomo che, secondo il pensiero introiettato, ci ha prescelta a sposa e madre dei suoi figli.
C’è uno zaino carico di abbandono, indigenza e stigma sociale a pesare sulle spalle di quelle che non riescono a restare incinte […], che le mette nelle condizioni di tentare il tutto e per tutto pur di raggiungere l’obiettivo.
tratto da Libere di Ilaria Maria Dondi
Oltre i pregiudizi e gli stigmi del sistema: i molteplici volti dell’universo femminile
In quante e quali forme può esprimersi la maternità fuori dalla gabbia delle discriminazioni sociali? La rivelazione contenuta nel saggio dell’autrice è che, destrutturando il sistema patriarcale pezzo per pezzo, sono molteplici i volti della maternità e della non maternità, che restituiscono e legittimano la varietà assunta nell’universo femminile da questi due aspetti dell’essere donna: e così, ad esempio, accanto alla maternità negata dell’aborto – spontaneo o volontario – trovano spazio le donne che desiderano ma non possono procreare, le donne che non vogliono figli, le ragazze madri, le “cittadine fuorilegge” che li vorrebbero ma devono rinunciarvi perché in Italia al di fuori di una relazione eteronormata e dell’istituzione matrimoniale, il diritto alla maternità di una donna single non viene riconosciuto. Lo stesso linguaggio, pur non utilizzando asterischi né schwae per pure questioni metodologiche, si fa portavoce del diritto di espressione di ogni singola individualità, conciliando i caratteri di sintesi e di chiarezza propri del saggio divulgativo con una rappresentazione della complessità dell’essere donna che, come dichiarato dall’autrice stessa, non lasci indietro nessuno, pur nel dovuto riconoscimento del limite intrinseco di ogni soggettività.
Premetto infine l’insufficienza oggettiva della mia visione privilegiata di donna bianca, occidentale, abile, cisgender ed eterosessuale […] Resta […] la consapevolezza del limite intrinseco ad ogni individualità; limite che accolgo con giioia e come occasione. Chissà che, anche grazie a queste mie parole, non ne giungano altre: a sollevare dubbi, a reclamare spazi, a chiedere rappresentazione […]
tratto da Libere di Ilaria Maria Dondi
Abbattere i pregiudizi e gli stigmi a cui pervicacemente si appella il sistema, d’altra parte, significa proprio questo: assumersi la responsabilità di un cambiamento che coinvolga le coscienze di tutte e ci renda promotrici consapevoli di un’inversione di rotta, tanto più efficace quanto più accolta e abbracciata, attraverso il dibattito e il confronto, a livello collettivo. All’insegna, appunto, di una ritrovata libertà.
Informazioni sul libro
Titolo: Libere di scegliere se e come avere figli
Autore: Ilaria Maria Dondi
Editore: Einaudi
Pagine: 176
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Immagine di Birmingham Museums Trust