
Il padre e l’istitutore erano scontenti di Serëza, e realmente egli studiava molto male. Ma non si poteva dire in nessun modo che fosse un ragazzo senza capacità. Al contrario era molto più versato di quei ragazzi che l’istitutore portava come esempio a Serëza. Secondo il padre, egli non voleva apprendere quello che gli insegnavano. In realtà invece non poteva studiarlo. Non poteva perché nell’animo suo c’erano esigenze più imperiose di quelle che presentavano il padre e l’istitutore. Queste esigenze erano in contrasto, ed egli lottava proprio con i suoi educatori.
Aveva nove anni, era un bambino; ma l’anima sua la conosceva, gli era cara, la proteggeva come la palpebra protegge l’occhio, e senza la chiave dell’amore non lasciava entrare nessuno nella sua anima. I suoi educatori si lamentavano che non voleva studiare, e la sua anima era piena di sete di sapere. E apprendeva da Kapitonyc, dalla njanja, da Naden’ka, da Vasilij Lukic e non dai maestri. Quell’acqua che il padre e l’istitutore attendevano per le loro ruote, correva già da tempo e lavorava in altro luogo.
Il padre punì Serëza col proibirgli di andare da Naden’ka, la nipote di Lidija Ivanovna; ma questa punizione si dimostrò favorevole per Serëza. Vasilij Lukic era di buon umore e gli mostrò come si fanno i mulini a vento. Passò tutta la sera lavorando e vagheggiando un mulino a vento fatto in modo che si potesse girarci sopra; afferrarsi con le mani alle ali o legarsi e girare. Alla madre Serëza non pensò per tutta la sera; ma, messosi a letto, se ne ricordò, a un tratto, e pregò con parole sue perché la mamma l’indomani, per il suo compleanno, smettesse di nascondersi e venisse da lui.
— Vasilij Lukic, sapete per che cosa ho pregato in più, fuori del conto?
— Per andare meglio nello studio?
— No.
— Per i giocattoli?
— No. Non indovinerete. Per una cosa bellissima, ma è un segreto! Quando accadrà ve lo dirò. Non l’avete indovinato?
— No, non l’indovinerò. Ditemelo voi — disse Vasilij Lukic sorridendo, il che accadeva di rado. — Via, coricatevi, spengo la candela.
— Ma senza la candela per me è più chiaro quello che vedo e quello per cui ho pregato. Ecco che stavo quasi per dirvi il segreto — disse Serëza, ridendo allegramente.
E come ebbero portato via la candela, Serëza udì e sentì sua madre. Era china su di lui e lo carezzava con uno sguardo pieno d’amore. Ma poi apparvero i mulini a vento, il coltellino, tutto si confuse ed egli si addormentò.
Anna Karenina di Lev Nikolaevič Tolstoj
Tratto daImmagine in apertura di Jason D